Molti la conoscono come la “influencer di CasaPound”. Francesca Totolo c’è sempre quando nella rete si apre una finestra contro i migranti; attivissima su Twitter, autrice di post e articoli per il Primato Nazionale, il giornale più vicino alle posizioni di ultra destra di Casapound; numerosi i suoi attacchi anche contro i giornalisti che seguono il fenomeno dell’immigrazione e che hanno raccontato le tragedie che avvengono nel Mediterraneo nonché le condizioni in cui si trovano i rifugiati nei campi libici, Paese ampiamente finanziato dall’Italia. Questa volta dovrà fornire qualche spiegazione in un’aula giudiziaria a conferma di quella “emergenza democratica” che attraversa anche la rete oltre che il mondo reale in relazione alle aggressioni con parole d’odio e/o affermazioni non rispondenti al vero.
In specie, tre anni fa Francesca Totolo aveva insinuato il dubbio che l’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro sostenesse con il proprio lavoro il terrorismo e il traffico di esseri umani dalla Libia all’Italia.
Lo scrive il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verbania nel decreto di fissazione dell’udienza che si terrà il primo aprile prossimo e che contiene le contestazioni inerenti il reato di diffamazione a carico di Francesca Totolo e Adriano Scianca. La Totolo, molto attiva sui social nelle campagne e nei post sul fenomeno migratorio, in specie quello dall’Africa via Lampedusa, il 20 luglio 2018 aveva pubblicato sul suo profilo Twitter questa frase: “l’avvocato@vvrelofaro, difensore delle #ONG @open_arms e @seayeorg. nel 2011, come membro di @asgi_it (finanziata da @OpenSociety di #Soros), fu la tutrice di Anis Amri, il terrorista della strage di Natale di Berlino. Il mio articolo pubblicato per il “Primato Nazionale”.
Nell’articolo citato l’avvocato Lo Faro veniva indicata per nome e cognome più relativa foto e definita “avvocatessa proactiva open arms e di Anis”. La Lo Faro non è stata tutrice di Anis Amri e per questo la Totolo risponde di diffamazione nei confronti della professionista catanese, mentre Adriano Scianca è accusato della omissione di controllo circa il pezzo pubblicato su Primato Nazionale, essendone il direttore.
Questo processo non riguarda solo il singolo episodio di contestata diffamazione, pur grave, nei confronti di una professionista che si occupa di diritti umani. In realtà quel procedimento e le informative allegate sono in grado di raccontarci altro, per esempio cosa accadde in Italia e nella lingua di mare che divide la Libia dalle nostre coste nel biennio terribile 2017-2018. In particolare il 2017, l’anno del caos, dei molti sbarchi, dei moltissimi morti in mare, dell’intervento di movimenti solo in parte definibili “oscuri” nella caccia alle navi Ong, avvenuta quantomeno con la tolleranza di una certa parte politica dell’Italia.
“L’anno del Caos mediterraneo, il 2017, quando iniziò l’attacco alle Ong, fu il punto zero di una campagna di delegittimazione di chi salva vite in mare. Fu la convergenza di forze solo apparentemente diverse” ha scritto Andrea Palladino nella sua inchiesta “Europa identitaria” che è al momento il racconto più nitido di quei mesi e di quella che fu una vera e propria “caccia ai migranti” posta in essere da formazioni di destra europee. In questo momento in Francia stanno aggiungendo un pezzo di verità a quella storia: Generation Identitaire è in attesa della decisione sullo scioglimento. Nel decreto del ministro dell’interno di Parigi si legge che durante la missione navale “Defend Europe” con la C Star agivano come “milizia privata”, dando la caccia ai migranti