Se ne è andato anche Lawrence Ferlinghetti, al termine di un’esistenza magnifica e centenaria, centouno per l’esattezza. Addio al demiurgo della Beat Generation, abile nell’intuire la genialità di Allen Ginsberg e nel pubblicarne l'”Urlo”, pagando a caro prezzo, compreso il carcere, per il proprio coraggio ma lanciando un mito universale di cui oggi tutti apprezziamo la grandezza.
Ferlinghetti era nato da madre di origini francesi e padre di origini italiane, dunque con solide origini europee e uno straordinario amore per il nostro Paese, di cui non si è mai dimenticato, meno che mai in occasione dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia.
Poeta, pittore, libraio, editore e scopritore di talenti, protagonista di un secolo di vita culturale americana, cultore della battaglia eroica, animatore della controcultura, in contrasto con i dogmi e i tabù di una società che rifiutava ogni forma di socialismo, convintamente anarchico e sostenitore, per ripiego, della bontà del modello socialdemocratico scandinavo, in quanto riteneva che l’uomo comune non era ancora pronto a vivere nell’anarchismo, sognatore mai pentito e geloso custode dell’America degli anni Cinquanta e Sessanta, di cui oggi si sono perse le tracce, è stato un personaggio complesso e inimitabile in ogni circostanza. A ciò si aggiunga che non era certo un passatista; al contrario, parlando del dopoguerra, riconosceva tutti i limiti di un Paese ancora segregato, dannatamente ingiusto, violento, con disuguaglianze spaventose e non ancora uscito da certe caratteristiche proprie del Far West che comportavano, tra le altre cose, una barbarie diffusa, magistralmente descritta nei capolavori del verismo a stelle e strisce. Di quell’America, tuttavia, rimpiangeva le speranze, costituendo uno sprone per i giovani, un esempio e un punto di riferimento per tutti, anche a tarda età.
Centouno anni, infinite lotte, una battaglia durata un secolo e animata sempre dallo stesso sconfinato desiderio di vedere il progresso della comunità nel suo insieme e l’affermazione della letteratura come arma in più per favorire l’avanzata dell’uomo e la sua rinascita morale. Nonostante ciò, non erano presenti in Ferlinghetti moralismi di sorta, anche se credeva molto nel valore dell’etica e nei principî che decenni di disumanità sparsa a piene mani dal sistema neo-liberista hanno messo gravemente in discussione.
Uno dei suoi versi recita: “E ansiosamente aspetto che sia scoperto il segreto della vita eterna”. Diciamo che ci è andato vicino.
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