Non è mai facile scrivere di persone con le quali hai condiviso esperienze, passioni e ideali quando vengono strappate alla vita con inusitata violenza come è accaduto a Luca Attanasio. Sì perché per me è sempre stato ‘Luca’, prima che ‘Ambasciatore’.Non mi sarei mai aspettata che potesse verificarsi un evento simile, anche se la Repubblica del Congo è uno dei paesi più pericolosi al mondo.
Luca, seppur rampante e coraggioso, era un diplomatico accorto e avvezzo ad operare in aree difficili.
Ma quelle in Congo lo sono in modo particolare, zone estremamente a rischio. Molto complesse costretti a operare in condizioni di sicurezza particolari, dove ci si muove solo accompagnati da scorte armate locali e internazionali a seconda dei luoghi.
L’imponderabile, ciò che mai avrei ceduto possibile, sì è verificato nel modo più atroce.
Non riesco a pensare che una persona buona, generosa, appassionata verso l’umanità come Luca sia stata uccisa tanto brutalmente.
Da quando era arrivato in Congo aveva da subito mostrato interesse verso le popolazioni locali più disagiate. Si preoccupava della gente, di come poter andare incontro alle necessità delle comunità più in sofferenza e degli ultimi, a cominciare dai ragazzi di strada di cui si occupa insieme a sua moglie Zakia, madre delle sue tre bambine, attraverso l’associazione Mama Sofia’.
Chiunque lo incontrasse, percepiva all’istante la bontà e la semplicità che emanava.
Anche in questo suo ultimo viaggio, ciò che lo aveva spinto ad andare nella missione dei Saveriani nell’Est del Kivu era il desiderio di visitare una cooperativa finanziata dal Pam poco distante.
Dopo aver trascorso il sabato con la comunità di missionari, aver cenato insieme la sera e assistito alla Messa la mattina successiva, era ripartito con i suoi compagni di viaggio, accompagnati dall’autista congolese del World food programme, Mustapha Milambo, per raggiungere un’altra cooperativa a Nord di Goma.
Un viaggio che era una missione di aiuto e di solidarietà alla popolazione locale di uno dei luoghi più desolati del pianeta.
Nella zona intorno a Goma tra il 1994 e il 2001, lontano dai riflettori, si è combattuta la terza guerra mondiale, un conflitto etnico e insieme per le risorse economiche, una carneficina che ha lasciato sul terreno milioni di morti e altrettanti profughi. Ancora oggi le popolazioni locali versano in condizioni di miseria e sottosviluppo difficilmente descrivibili.
Il Congo è un paese estremamente instabile, con oltre 5 milioni di sfollati. Il 50% sono fuggiti dagli scontri tra milizie ed esercito e dalle violenze di criminali di ogni specie negli ultimi 12 mesi.
Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu e Tanganyika, le aree più colpite dal gli attacchi e dove si è verificato l’attentato.
Inoltre, più di 8 milioni di persone si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta.
Un quadro devastante che Luca conosceva molto bene e per questo portare la solidarietà in quei luoghi era per lui una priorità, per quanto ostico e pericoloso fosse.
Qualcosa di molto diverso da quanto qualcuno pensa e racconta della vita dei diplomatici.
Il terribile attentato avvenuto nell’est del Congo conferma, ancora una volta, la dedizione qualificata e incondizionata, fino al dono della vita, di uomini delle Istituzioni e giovani delle Forze Armate, inviati dal nostro Paese a svolgere una missione che è sempre missione di Pace.
Pur non essendo ancora del tutto chiare le circostanze dell’assalto, Luca, Iacovacci e il loro autista sono da considerare vittime di uno di quei conflitti che, da molti anni, insanguinano molti paesi dell’Africa: guerre spesso dimenticate dall’opinione pubblica ma che continuano a mietere la vita di valorosi e indefessi lavoratori dello Stato che, senza clamore, nella quotidianità, portano avanti il proprio servizio con passione e dedizione.
Ci sono decine di altri funzionari del Ministero degli Esteri e dei servizi di sicurezza che, come Luca, lavorano in sedi disagevoli, negli angoli più dimenticati del mondo, svolgendo il loro dovere con l’orgoglio di rappresentare la nostra patria. A loro, il mio pensiero grato, e quello di tanti cittadini e cittadine che ne riconoscono il prezioso lavoro e la testimonianza.
Ma il mio abbraccio più grande va alla moglie di Luca, Zakia, e alle loro tre splendide bambine che sono certa non saranno lasciare sole. Ciò che Luca ha seminato ha creato intorno a loro una riserva di riconoscenza che le accompagnerà per sempre.