Giuseppe Conte si guarda intorno. L’”avvocato del popolo” non vuole essere un prematuro pensionato della politica né intende tornare a fare il legale. Certo, dopo tre anni passati a Palazzo Chigi, è difficile trovare una nuova collocazione politica soddisfacente.
Conte non vuole “mollare” né il Movimento 5 stelle (al quale non è mai stato iscritto) né la politica. Il 4 febbraio, da presidente del Consiglio dimissionario, ha tenuto una strana conferenza stampa non dentro ma fuori Palazzo Chigi. Appoggiandosi a un tavolino ha fatto un doppio annuncio ai giornalisti: il sostegno al nascituro governo Draghi e il persistente impegno al fianco dei cinquestelle («Io ci sono e ci sarò»). Il 7 febbraio ha ripetuto il concetto all’assemblea dei parlamentari grillini: «Io ci sarò nelle forme e nei modi che riterrete giusti».
Conte ha guidato ben due governi come presidente del Consiglio: il Conte uno (alleanza M5S-Lega) e il Conte due (coalizione tra i cinquestelle e il centro-sinistra). Nei giorni scorsi si parlava di un suo ingresso come ministro nel nuovo esecutivo presieduto da Mario Draghi, ma ora questa ipotesi sembra sfumare. L’”avvocato del popolo” (come si autodefinì alla nascita del governo populista grillo-leghista) non avrebbe la “caratura politica” giusta per entrare nel nuovo esecutivo di grande coalizione guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea, una compagine che sarebbe caratterizzata soprattutto da ministri tecnici.
Scartata anche l’ipotesi Roma. Si ventilava anche una sua discesa in campo come candidato sindaco nelle prossime elezioni comunali per il Campidoglio, ma Conte si sarebbe defilato, definendosi non adatto a un impegno politico amministrativo, di politica locale.
Poi è spuntata l’ultima soluzione: un seggio a Montecitorio da onorevole. L’offerta è una candidatura nelle elezioni suppletive della Camera, nel collegio uninominale di Siena, per il seggio vacante dopo le dimissioni dell’ex ministro Carlo Padoan (Pd), divenuto presidente di Unicredit. Nella campagna elettorale Conte sarebbe stato sostenuto dai grillini, dai democratici e dalla sinistra di Leu. L’interessato avrebbe gradito l’offerta perché gli avrebbe permesso di continuare a calcare la scena della politica nazionale.
Ma anche in questo caso è arrivto lo stop. Matteo Renzi, già autore dello “sgambetto” al governo Conte due, avrebbe bloccato l’operazione (poco gradita anche dal Pd toscano) tramite un secco no. L’”avvocato del popolo” si è chiamato fuori: «Non ne so nulla, non se n’è parlato. Nel senso che non me lo hanno chiesto, né tantomeno mi sono mai proposto…».