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La strage della Moby Prince e il porto di Livorno

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Un carico di esplosivi della mafia nascosto a bordo e saltato in aria dopo l’urto con la petroliera Agip Abruzzo. È una delle ipotesi più inquietanti per la strage del traghetto Moby Prince che nel 1991 causò la morte di 140 persone nella rada del porto di Livorno. Uno scenario tutto da valutare, ora riemerso dopo trent’anni dall’archivio di una delle due associazioni di familiari delle vittime e adesso oggetto di un articolo del “Fatto quotidiano”.
Il tribunale di Livorno non lo avrebbe mai messo a disposizione della commissione d’inchiesta del Senato, istituita nel 2015. Si tratta della trascrizione di un colloquio avvenuto nel novembre 1994 tra Franco Lazzarini (allora presidente di una delle associazioni dei familiari), un avvocato di Viareggio e un tenente della Capitaneria di Porto fatta trascrivere dal magistrato Luigi De Franco, che aveva da poco chiuso l’inchiesta sulla strage. L’avvocato racconta di aver avuto una proposta da un esponente della malavita: in cambio di due miliardi di lire avrebbe raccontato che a bordo della Moby Prince era presente una grossa quantità di esplosivo appartenente alla mafia. La procura allora non indagò ulteriormente.
All’epoca, a sostenere l’ipotesi dell’esplosione (dolosa) fu l’armatore della Moby Prince, Vincenzo Onorato, che disse di aver saputo del trasporto aereo di esplosivo dalla Corsica, che poi sarebbe stato imbarcato sul traghetto. La pista dell’esplosivo a bordo è senz’altro una delle ipotesi da verificare, visto che fino a oggi non si è giunti a una verità definitiva, con troppe cose che non tornano.
Quel che è certo è che il porto di Livorno da sempre è crocevia di traffici di droga, armi e rifiuti.
Recentemente, la Fondazione Antonino Caponnetto ha rilanciato l’allarme sul porto di Livorno, definendolo “zona rossa per quanto concerne la mafia”. I dati sono contenuti nel rapporto “Livorno e Val di Cornia 2021” redatto da Renato Scalia e Salvatore Calleri. È accertato che da decenni il porto di Livorno, e anche quello di Piombino, sono terminali per traffici di droga e rifiuti tossici. Nella relazione 2019 della Dcsa (Direzione centrale per i servizi antidroga) il porto di Livorno risulta primatista italiano per sequestri di sostanze stupefacenti.
Sappiamo anche dell’intenso traffico di navi militari, anche sotto copertura, nel porto toscano.
Ancora oggi la strage della Moby Prince costellata di punti interrogativi. Troppi, a trent’anni di distanza da questa terribile vicenda.

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