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Detenuto muore per overdose a Regina Coeli. Da dieci mesi la famiglia aspetta la riconsegna della salma per celebrare i funerali

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Da dieci mesi una famiglia aspetta, invano, che l’autorità giudiziaria decida di autorizzare i funerali del proprio caro, deceduto per overdose nel carcere di Regina Coeli.

La vicenda è stata denunciata dal Garante dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni secondo cui, «le indagini tutt’ora in corso non possono assolutamente giustificare questa situazione. Bisogna tenere in debito conto che, oltre alla perdita traumatica di un proprio caro, una famiglia sta vivendo il dramma di non poterlo piangere per un ultimo saluto».

La vittima è il 29enne Tiziano De Paola, morto l’11 febbraio 2012 per overdose di eroina a Regina Coeli. Le indagini, tutt’ora in corso, si sono indirizzate verso un altro detenuto, tutt’ora in custodia cautelare per un altro reato, che avrebbe fornito alla vittima la dose letale.

A quanto appreso dai collaboratori del Garante, sulla salma sono stati effettuati subito esami e rilievi autoptici ma una serie di contrattempi hanno dilatato oltre il lecito i tempi per la restituzione del corpo alla famiglia: prima un supplemento di indagini richiesto dalla difesa dell’indagato, poi la circostanza che la cremazione che si vorrebbe effettuare renderebbe impossibile ogni ulteriore esame, infine, una perizia ancora da effettuare sugli ovuli di droga trovati all’imputato.

Nel frattempo, da oltre otto mesi la salma è ancora momentaneamente allocata in una cassa provvisoria nel “Deposito cremazioni” del cimitero di Prima Porta senza che, per altro, si siano effettuate procedure di conservazione organica della stessa.

«Fermo restando il diritto della Procura di svolgere le indagini e quello degli imputati di difendersi – ha detto il Garante dei Detenuti del Lazio, Angiolo Marroni – non possiamo non considerare ciò che sta accadendo un ennesimo caso di malagiustizia nei confronti di un detenuto morto e della sua famiglia, moglie e due bambini, cui viene negato il diritto di poter piangere, per l’ultima volta, il proprio congiunto»


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