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Gramsci e il giornalismo

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Di Gramsci giornalista si parlò in modo diffuso e molto partecipato, soprattutto da parte di studenti delle superiori, a Nuoro il 15 novembre del 2007. Ricorreva il settantesimo anniversario della morte e il circolo sardo di Articolo 21, in collaborazione con l’associazione ‘l’Intermezzo’, organizzò il convegno che fu appassionato e appassionante. Le polemiche sempre forti sulla professione, la morte da poco tempo di Enzo Biagi furono il terreno fertile per favorire adesioni massicce ad un’iniziativa che coscientemente fu indetta nel cuore della Sardegna, nel capoluogo della Barbagia. Nonostante la difficoltà nei collegamenti giunsero a Nuoro presidente e segretario della FNSI di allora, Roberto Natale e Franco Siddi, il portavoce nazionale di Articolo 21 e parlamentare Beppe Giulietti, il segretario nazionale dell’UsigRai Carlo Verna, il presidente nazionale della Fasi (la Federazione in cui si riconoscono i circoli degli emigrati sardi di tutta Italia), Tonino Mulas accompagnato dai presidenti dei circoli di Como, Onorio Boi e Gallarate, Lorenzo Carta. Regione e comune di Nuoro erano rappresentati dall’assessore regionale alla pubblica istruzione, Maria Antonietta Mongiu, e dal sindaco della città Mario Zidda.

La relazione d’apertura fu svolta da Beppe Giulietti. Uno dei passaggi significativi del suo intervento fu questo: “Io provo a dire (…) per quale ragione trovo Gramsci un pensatore moderno. Si parla molto di ‘glocal’, bruttissimo termine: essere globali ed essere nazionali, saper ragionare nel tuo dialetto, la tua lingua, la tua storia e portare te stesso, la tua lingua, la tua tradizione nel mondo. Gramsci (…) che cosa era se non un grande intellettuale glocal che capiva che in primo luogo non doveva rinunciare a se stesso, alla sua cultura regionale, nazionale, alla sua lingua? “.

E quanto alla professione giornalistica, Giancarlo Ghirra (giornalista de ‘L’Unione Sarda”)  ricordò, partendo dall’esame dell’articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine Professionale del 1963: “Antonio Gramsci non aveva bisogno di leggi formali per scrivere, in una delle sue ‘Lettere dal carcere’, parole ancor oggi pesantissime sul suo essere un giornalista libero: ‘Io non sono mai stato un giornalista professionista che vende la sua penna a chi gliela paga meglio e deve continuamente mentire perché la menzogna entra nella sua qualifica professionale. Sono stato un giornalista liberissimo, sempre di una sola opinione, e non ho mai dovuto nascondere profonde convinzioni per far piacere a dei padroni o manutengoli’”.

Rileggendo gli atti di quel convegno – nel quale intervennero 23 relatori – si ricava la convinzione di quanto sia attuale la lezione gramsciana in un tempo dominato dal conformismo, dall’adeguamento, dall’omologazione, dal soccorrere i vincitori di turno. E si capisce ancora di più quanto ci sia di eroico in tutti quei giornalisti e intellettuali che a questo indegno andazzo si oppongono, anche a rischio della vita.


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