Parto da una vignetta uscita qualche giorno fa su politicalcartoons.com. Si vede un pupazzetto meccanico riverso a terra a pancia in giù dalla chioma giallo arancione inconfondibile. Nelle mani un tamburo che ora non suona più. E perché è crollato miseramente al suolo il tamburino Trump? Perché dalla schiena gli sono state tolte le batterie che lo facevano muovere e suonare, su una c’è scritto Facebook, sull’altra Twitter. Il titolo del disegno di Frederick Deligne è Game Over, la partita è finita.
Lo sappiamo bene anche noi in Italia che un geniale vignettista può avere l’intuizione giusta. E in effetti pare sia andata esattamente così. Il 17 gennaio il Washington Post ha pubblicato uno studio di Zignal labs ( società specializzata) in cui si dice che la misinformation in Rete sulle “elezioni rubate da Biden”, dopo il blocco sui Social di Trump e altri account collegati, è crollata del 73%. Ovviamente noi non siamo in grado di controllare questo numero ma la storia è credibile e assolutamente emblematica. Attenzione anche alla parola ( anche se so che pochi da noi se ne curano). Negli Stati Uniti fa disinformazione chi produce contenuti falsi, misinformazione chi li rilancia. Insomma a essere crollato è proprio il traffico delle bufale, con relativi appelli alla mobilitazione e alla violenza. Qui trovate i contenuti dell’articolo non a pagamento ripreso in Rete https://www.seattletimes.com/
Alcuni hashtag come #FightforTrump sono poi letteralmente scomparsi, dopo il blocco di alcuni account oltre a quello dell’ex presidente, con un meno 95% che non ammette repliche.
Cosa insegna tutta questa storia a noi italiani? Intanto dobbiamo sempre ricordare che siamo oggi il paese occidentale più trumpiano del pianeta dove un network di media (giornali e Tv) fa un tifo scatenato a favore di quello che tuttora considerano il campione del sovranismo mondiale. L’assalto al Congresso in Italia ha cambiato pochissimo. Ancora oggi un quotidiano del network nostrano titola che quello di Washington è stato un Golpe contro Trump, senza tema di ridicolo, visto che l’assalto l’ha praticamente promosso lui stesso.
Se questa annotazione sul nostro stato di salute democratica non dobbiamo dimenticarla, sul piano dell’analisi la faccenda più delicata è un’altra. Sempre in Italia si sono dette e scritte un mucchio di sciocchezze sulla libertà che i Social avrebbero tolto a Trump. Libertà di fare cosa? Di guidare l’assalto alle istituzioni? Vengono dette anche molte fesserie sugli haters, sui leoni da tastiera che per carità esistono e che vanno contrastati in tutte le sedi. La fesseria è un’altra. Senza i super diffusori di disinformazione (negli Usa li chiamano così ma li abbiamo sotto gli occhi pure noi vedi le campagne d’odio promosse da alcuni nostri leader politici) i singoli leoncini non morderebbero nessuno o quasi. Pochi account ( poche bestie) dice lo studio di Zignal Labs generano “una quota sproporzionata di falsità e narrazioni fuorvianti”. E da qui che dobbiamo ripartire.
Una cosa giusta è stata invece ricordata qui in Italia ( anche nel sito di articolo 21). Se i Social bloccando Trump non ne hanno leso la libertà ma hanno piuttosto reso più difficile la mobilitazione tesa a commettere nuovi reati, questo non vuol certo dire che siano innocenti rispetto a quanto avvenuto in questi anni. Il loro è stato comunque un intervento tardivo (i buoi erano già scappati dalla stalla) e lo spazio pubblico non può essere monopolio degli interessi di società private americane quotate in borsa, che puntano solo alla realizzazione di utili immediati e chiudono gli occhi quando abusi, violenze, terrore vengono promossi in altre parti del pianeta. La sfera pubblica oggi comprende la Rete, le sue regole vanno rese trasparenti, non va mai dimenticato.
Il tamburino Trump è a terra, rimasto senza pile. Fermerà questo ogni tipo di violenza? Certo che no: le preoccupazioni a Washington sono altissime. Risolve tutti i problemi politico sociali riflessi nella sua esperienza e nel consenso da lui ottenuto? Non scherziamo, non alimentiamoci di illusioni. Ma i super diffusori di menzogne, i promotori di campagne d’odio, possono essere arginati. Basta volerlo. E a deciderlo non sono algoritmi ma essere umani che devono essere chiamati a rispondere dei loro comportamenti alla comunità degli umani.