Non so se nel diritto statunitense esista un reato di istigazione al sovvertimento dell’esito elettorale, ma il responsabile dell’invasione del Campidoglio americano ha un nome e un cognome: Donald Trump. L’ex presidente ha incendiato i suoi sostenitori con la versione della “vittoria rubata” senza alcun elemento e il messaggio ai suoi è stato chiaro: scendete in piazza e ridatemi il potere che hanno rubato con l’imbroglio. In un paese dove la diffusione delle armi non ha limiti, queste parole sono fuoco e l’incendio è divampato, con quattro morti e numerosi feriti. Con le immagini – indelebili – del tempio della democrazia profanato da vandali senza controllo.
La lezione che questa pessima pagina di golpe mimato ci consegna è che se il potere viene concesso a un antidemocratico “carismatico”, poi non lo restituisce. Perché considererà illegittimo ogni processo che limita il suo delirio di onnipotenza. Questo trattenimento eversivo della carica è un tratto costante dei politici dall’ego ipertrofico. Anche in Italia. Facciamo attenzione a non sottovalutarne il pericolo solo perché sembrano rispettare la democrazia per giungere al potere. Perché se dovessero conquistarlo, poi dobbiamo prepararci a vedere i vandali a Montecitorio, urlare al broglio e spaccare le vetrate. A Washington hanno ripristinato l’ordine in poche; a Roma non so se, nelle stesse condizioni, le cose si risolverebbero così velocemente.
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