Migranti e Covid-19, nuovi attacchi e minacce contro Antonella Napoli. La solidarietà di Articolo 21

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Una nuova vile ondata di insulti e minacce dei soliti squadristi da tastiera si è abbattuta su Antonella Napoli, direttrice di Focus on Africa e membro dell’ufficio di presidenza di Articolo 21.
Il linguaggio d’odio è un attacco alla libera informazione. Il linguaggio d’odio può trasformarsi in censura. Per questo, ancora una volta, siamo vicini e solidali con Antonella, una donna che ha affrontato e affronta situazioni difficili anche in paesi lontani – ha seguito lo scorso anno le proteste in Sudan, dove è stata fermata in modo “anomalo” dalla polizia locale – che ora si trova a dover sopportare gli insulti sessisti via social.
La colpa della nostra collega? Aver denunciato l’uso strumentale da una certa parte politica delle tragedie umanitarie di chi scappa da fame e guerra per una speranza di vita migliore, mettendole in parallelo con le sanzioni su comportamenti scellerati nell’emergenza Covid 19. Come per la vicenda della festa di Capodanno in un resort di lusso sul Lago di Garda che ha visto multate 126 persone. Sulla rete si è scatenata, sotto la regia della solita macchina della propaganda di stampo destrorso della peggiore risma, con paralleli fuori luogo e fuorviano con l’arrivo in Italia, la stessa notte, di 200 migranti salvati in mare dalla ong OpenArms.
Antonella Napoli aveva scritto sulla vicenda: “Ma quanto bisogna esser politicamente disperati per cavalcare il parallelo che impazza tra i soliti nostalgici del Duce tra l’irresponsabile e vergognosa festa tra ‘persone perbene’ sul #Garda e lo sbarco di 200 disperati con l’aiuto di chi a #Capodanno era in mare a salvar vite?, il suo tweet a cui sono seguiti decine di commenti che andavano da banali insulti a vere e proprie minacce, come l’istituzione allo stupro con l’augurio di “incontri ravvicinati di terzo tipo” con l’alluvione a possibili migranti mal intenzionati.
Non è la prima volta che Antonella Napoli riceve attacchi di questo genere. A un certo punto erano diventati così violenti e continui da spingerla a dire basta.
“Dopo l’ultimo attacco degli squadristi da tastiera che risponderanno in tribunale delle minacce di stupro e delle offese alla sottoscritta, ho deciso di limitare l’accesso al mio account twitter. Non è una mia resa, ma una sconfitta per tutti coloro che credono nella libertà di espressione e di informazione” aveva scritto qualche mese fa all’ennesima ondata di vergognosi e schifosi attacch a seguito di un articolo sul sito di Articolo 21 di Antonella sui disordini di Forza Nuova a Piazza del Popolo.
“Il mio è un atto di protesta per ricordare che il fascismo non è un’opinione ma un crimine ed è assurdo che ci si possa autodefinire “fascisti” e postare insulti sui social senza che nessuno intervenga” aveva sottolineato la collega.
Non è questione di “coraggio” affrontare insulti e aggressioni via social: chi sceglie il mestiere di informare sa che ci sono molte trappole sulla strada della buona informazione, dalle querele temerarie di chi non vuole che qualcuno vada a scoperchiare le sue pentole e i suoi affari oscuri, alle minacce delle mafie di tutto il mondo.
E Antonella Napoli, direttrice di Focus on Africa, esperta di informazione estera, ha già subito molti attacchi – anche gravissimi – per il suo lavoro.
Ma l’insulto, l’offesa personale via social, l’aggressione sessista, che viene riservata a troppe colleghe, è altra cosa: è un problema di agibilità democratica. Per tutte e per tutti.


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