Tre vicende completamente diverse ma accomunate da un unico filo conduttore: l’eccezionalità.
Renato Rascel, nato a Roma Renato Ranucci, di cui ricorre il trentesimo anniversario della scomparsa, è stato uno dei più grandi mattatori di tutti i tempi, capace di attraversare con umorismo e disincanto gli anni retorici e asfissianti della propaganda fascista, di irridere con la sua parodia della bufera l’imminente catastrofe bellica e di battersi per la dignità di un Paese che la stava progressivamente perdendo.
Nel dopoguerra, divenne uno dei protagonisti assoluti del varietà: a teatro, nell’amato Sistina insieme alla mitica coppia composta da Garinei e Giovannini, in televisione e al fianco di un giovane Proietti in “Alleluja brava gente!”, consacrazione del giovane talento e apice della carriera del maestro.
Christian De Sica, figlio di Vittorio, il regista che, al pari di Rossellini, cambiò per sempre il cinema italiano, conducendolo dal disimpegno dell’era fascista alla spietata critica sociale del neo-realismo, è diventato, invece, il migliore interprete del genere dei cine-panettoni, regalando un fiume di risate ogni Natale e dimostrando di possedere un carattere e una vena artistica poliedrica che gli consente di essere, a sua volta, un mattatore come se ne vedono sempre meno. Ha scelto una strada radicalmente diversa rispetto a quella del padre e questa, forse, è stata la sua intuizione geniale, la peculiarità che gli ha consentito di arrivare a settant’anni in splendida forma, anche a livello cinematografico, e di continuare a spargere allegria a piene mani. Il che dimostra che è davvero un numero uno.
Pietro Costante Gardin, meglio noto come Pierre Cardin, infine, è un bell’esempio di cosa possa accadere quando due culture artisticamente straordinarie come quella italiana e quella francese si fondono, dando vita a una moda bella, elegante e alla portata di tutti, con l’intuizione del prêt-à-porter che ha rivoluzionato il mondo e impresso una svolta decisiva alle nostre abitudini in fatto di abbigliamento.
Pierre Cardin amava disegnare, creare, inventare, costruire, amava le belle case e la bellezza in generale, amava vedere il sorriso sul volto della gente, amava le donne libere e contribuì a emanciparle dai castigati costumi del passato, amava la normalità, la semplicità, il buongusto e la meraviglia in tutte le sue forme. Ci ha detto addio a novantotto anni, al termine di un anno maledetto che speriamo rimanga un unicum nella storia dell’umanità.
Tre storie, tre biografie, tre mondi completamente diversi e un’arte, quella di essere speciali, che ce li ha fatti amare e continuerà a farceli amare per sempre.
P.S. Dedico quest’articolo alla memoria di Clark Gable, di cui lo scorso 16 novembre abbiamo celebrato il sessantesimo anniversario della scomparsa. È un altro dei personaggi caratterizzati dall’arte di essere speciali, un divo immortale, un mito che non sfiorirà mai.
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