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Giorgio Galli: un politologo non convenzionale. E che le ha azzeccate tutte…

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Con Giorgio Galli se ne va non solo un acuto analista della politica, ma anche un intelligente divulgatore. Due caratteristiche che non sempre convivono. Invece in Giorgio Galli erano l’una a sostegno dell’altra. Chi ha qualche capello bianco in testa si ricorderà la sua rubrica su Panorama – anni ‘70 e ‘80 – in cui decriptava i messaggi cifrati che si scambiavano i partiti. Già allora era docente alla Statale di Milano ma non cedeva al linguaggio dell’accademia. Giorgio Galli accettava volentieri di intervenire in trasmissioni e se avevi la fortuna di trovartelo davanti, anche con la mimica facciale sembrava dire: “adesso provo a spiegarti in modo semplice una cosa che questi politici azzeccagarbugli vogliono farti credere sia difficile”.

Un esempio: il professore era tra i pochi a ragionare sulle elezioni con i numeri assoluti, non con le percentuali. Sembra poco ma se vuoi capire i sommovimenti profondi della politica devi partire da qui.

Nel 2008, per i suoi 80 anni, un gruppo di amici capitanati dall’amatissima moglie Francesca, hanno deciso di scrivergli un libro intero: “Su per Giorgio” s’intitola, l’ha pubblicato Baldini Castoldi Dalai.

Non è in vendita, ed è un peccato, perché attraverso i testi che gli hanno dedicato gli amici, si capisce l’importanza intellettuale che il politologo ha avuto. Per esempio quando Michele Salvati e Bianca Beccalli raccontano di quella sera a cena in cui Giorgio Galli spiegava lo scetticismo sull’operazione Partito Democratico, “amalgama non riuscita” (copyright Massimo D’Alema). Spiegava il professore che la sinistra aveva tutto da perderci nell’abbandono dell’anticapitalismo e contemporaneamente il liberalismo progressista si sarebbe scontrato con l’influenza della Chiesa. Se vogliamo – semplificando un po’ – questo era l’asse della riflessione di Giorgio Galli: l’Italia è sempre stata malata di un bipartitismo imperfetto (DC e PCI), il primo incapace di evolversi in un partito conservatore di massa; il secondo incapace di perseguire una politica di alternativa progressista. Sempre in quel libro un suo collega, Gianfranco Pasquino, ammetteva: “Giorgio aveva ragione”.

Serissimo studioso ma frivolo con le sue camicie fantasy, sempre gentile e con una curiosità enciclopedica, Giorgio Galli sembrava un erudita che aveva sbagliato secolo: mai invitarlo a fare i dibattiti la sera in cui cenava con la direttrice di Astra, appuntamento per lui imperdibile. Considerava lo studio dell’astrologia e dell’esoterismo una chiave per entrare nella testa di rivoluzionari e potenti, dalle Brigate Rosse a Hitler. A rileggere ora quegli scritti, in tempi di antiscientismo, c’è da ripetere la frase di Gianfranco Pasquino: Giorgio Galli aveva ragione. E scusate se è poco.


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