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Scandalo sanità in Calabria, necessario rivedere il Titolo V della Costituzione

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Sembra che per la sanità calabrese polemiche, scandali, disfunzioni e cattive gestioni non debbano mai finire. Subito dopo la nomina del nuovo commissario alla sanità Giuseppe Zuccatelli, in sostituzione di Saverio Cotticelli dimessosi dopo le imbarazzanti dichiarazioni rilasciate alla trasmissione Titolo V di Rai 3, spunta un video sui social in cui Zuccatelli dichiara che “le mascherine non servono ad un ca…” e che per essere contagiati dal virus bisognerebbe baciarsi bocca a bocca per più di quindici minuti. Dichiarazioni  ritrattate dallo stesso commissario che ora giudica  necessarie le mascherine e tutte le raccomandazioni emanate dal ministero della sanità per evitare la diffusione dei contagi. Ma al di là delle polemiche sulla nomina effettuata dal governo,  la trasmissione  Titolo V, in onda da alcune settimane venerdì in prima serata su Rai 3, ha evidenziato come la riforma del 2001 del Titolo V della costituzione abbia accentuato i disastri del regionalismo  nell’organizzazione sanitaria. Ogni regione ha una sua sanità e dove funziona male  crea enormi debiti nei bilanci, come in Calabria.

Proprio la difficilissima situazione amministrativa nel bilancio della sanità  ha portato al commissariamento dal governo centrale. I commissari che non sono riusciti ad invertire la rotta, anzi i tagli lineari prodotti dal loro ufficio hanno prodotto soppressione di reparti ed a volte d’intere strutture ospedaliere, non tenendo conto della peculiarità territoriale. Ciò ha costretto migliaia di cittadini calabresi a rivolgersi ad altre strutture fuori regione, aumentando spesa sanitaria e disagi.

Due sono i fattori che hanno prodotto il disastro di oggi: criminalità organizzata ed ingerenze della politica. Del primo fattore si sono occupate le cronache giudiziarie, dall’omicidio di Francesco Fortugno alle tante inchieste che hanno portato allo scioglimento di aziende sanitarie per infiltrazioni della ndrangheta in provincia di Reggio Calabria e Vibo Valentia,  mentre l’ingerenza politica ha prodotto i suoi effetti nefasti in provincia di Cosenza e Catanzaro. Dirigenti nominati da “famiglie” politiche di centro destra e centro sinistra hanno solo drenato risorse pubbliche verso strutture private, che garantiscono assunzioni clientelari ( non essendoci per loro procedure concorsuali) e forniture a società vicine ad esponenti della politica locale. Stesso discorso per le consulenze, spesso inutili, assegnate per milioni di euro. Uno spreco continuo che i commissari non sono riusciti a bloccare. Il sospetto che gli stessi siano stati nominati con i criteri (non scritti) adottati per i direttori generali delle Asp. E’ necessario quindi una revisione corposa del Titolo V, l’intero regionalismo dovrà essere ridiscusso, perché la cattiva gestione della sanità non riguarda solo la Calabria.


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