Sarà che sono due giornalisti prima che due parlamentari e che le “stimmate” del mestiere se le portano dietro, ma sono stati Primo De Nicola e Walter Verini a portare nell’incontro di Articolo 21 sulle querele temerarie l’interpretazione autentica dei motivi per in quali la legge di riforma non sta andando avanti. Questo Parlamento, come i precedenti, al fondo, non la vuole approvare e, in definitiva, non vuole cambiare l’assetto corrente delle azioni legali contro i giornalisti. De Nicola ha fatto anche i “nomi” nella ricostruzione delle tappe che hanno portato, il 4 novembre, all’ennesimo rinvio dell’esame nell’aula del Senato del disegno di legge di cui è primo firmatario. Verini ha ribadito che è ancora necessaria una mobilitazione forte per far conoscere a tutti la necessità di una riforma delle azioni temerarie contro i giornalisti perché il sistema normativo attuale mina la libertà di informazione e la possibilità di fare inchieste rigorose. “Abbiamo lavorato, dico abbiamo perché siamo in tanti a volere una riforma, attorno a modifiche che rendessero la nuova legge accettabile – ha detto Verini – ma all’ultimo miglio ci siamo resi conto che c’erano resistenze. E’ cominciata una controffensiva, fatta di riserve, di contrarietà, che ha visto protagoniste forze che tradizionalmente usano, anche se non direttamente, l’arma dell’intimidazione con querele contro i giornalisti. Ma si sono viste anche perplessità di forze della maggioranza. Negli ultimi giorni ci sono state riserve che hanno impedito l’approvazione di un provvedimento nuovo”. Poi la proposta di una manifestazione dei giornalisti per una iniziativa visibile sotto al Senato quando sarà possibile.
Il racconto fatto in apertura dei lavori da Sigfrido Ranucci su quanto sta accadendo alla trasmissione Report è emblematico di come le querele, o anche il solo annuncio delle querele, sia un metodo consolidato per bloccare il flusso di informazioni verso i cittadini. Il direttore di Report ha allargato il campo di osservazione (e di preoccupazione) illustrando la specifica richiesta dell’avvocato di uno dei protagonisti dell’ultima inchiesta giornalistica sulla sanità, ossia l’accesso a tutti gli atti raccolti dalla redazione; ciò al fine evidente di conoscere le fonti, integrando in questo modo un’ulteriore, gravissima, ingerenza sul segreto professionale dei giornalisti. Diversi interventi del dibattito moderato da Roberto Natale hanno rilevato la necessità di spostare la discussione sul “caso Italia” in Europa e di comparare le varie lesioni al diritto di informare che si vanno concretizzando nell’Unione Europea. Paola Rosà dell’Osservatorio Balcani Caucaso ha ricordato il recente rapporto del commissario europeo per i diritti umani Dunja Mijatović a proposito degli attacchi ai giornalisti. Un dossier nel quale trova spazio il “caso querele in Italia”; si parla infatti delle 120 azioni legali subite da Federica Angeli, intervenuta a sua volta nell’incontro di Articolo 21. “Il dossier della Mijatović si apre con un riferimento specifico, le 40 querele pendenti contro Daphne Caruana Galizia al momento dell’attentato che ne ha causato la morte. – ha detto Rosà – Ed erano tutte querele inerenti i suoi articoli d’inchiesta”.
“Dobbiamo procedere come se la riforma fosse possibile e organizzare una grande manifestazione con tutti i giornalisti che sono oggetto di minacce con querele bavaglio. – ha concluso il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti – Resteremo ovviamente accanto ai colleghi in tutte le sedi giudiziarie ma qui va posta una questione generale, ossia va sottolineato cosa si vuole bloccare con le querele. Si vogliono fermare le inchieste sul malaffare, sulla camorra, sulla corruzione fermando chi si occupa di tutto ciò. Non è ammissibile una cosa del genere”.
Roberto Natale in chiusura dell’incontro ha annunciato che il dibattito proseguirà con ulteriori approfondimenti e altre testimonianze che saranno disponibili sul sito sia in video che in articoli pubblicati su questo sito.