Per la parte più tecnica la magistratura sostiene che la collina dove era posizionato l’imputato permetteva di dominare la scena: era impossibile scambiare l’automobile del fotografo con un convoglio militare e non si potevano equivocare quelle mani alzate. Secondo Nunzia Ciaravolo il punto non è se Vytali Markiv ha sparato il colpo assassino di mortaio, ma è decisivo il suo ruolo di coordinamento per precisare la mira e colpire i due civili. Insomma è stato un atto deliberato.
Nella parte più descrittiva della personalità di Markiv il Sostituto Procuratore ha usato la nuova trascrizione dell’intercettazione ambientale (la prima interprete aveva lasciato l’incarico dichiarando di aver subito minacce). Nell’intercettazione si legge che Markiv dice al suo compagno di cella “hanno fottuto un reporter e ora me la vogliono cucire addosso”. Secondo la dottoressa Ciaravolo non è una ammissione di responsabilità ma una dimostrazione della mancanza di empatia, di assenza di consapevolezza delle proprie responsabilità.
La prossima udienza il 23 ottobre, quando la parola passerà alla difesa.