Non nascondo che ero emozionata e commossa su quel palco, in quella città della Memoria. Ho raccontato della prima volta che la nostra insegnante di educazione civica ci portò a visitare il Cimitero della II Guerra Mondiale di Ancona, l’impressione che mi fecero quelle lapidi, una vicino all’altra, tutte bianche, quel silenzio pesante, e la consapevolezza che qualcuno avesse sacrificato la sua vita perché noi potessimo essere liberi. Ci sono tornata tante volte, leggendo le date di nascita e di morte di quei caduti, tutti drammaticamente giovani. Quel senso di debito e di gratitudine l’ho sempre portato nel cuore verso i partigiani e verso chiunque si sia impegnato, ieri come oggi, per garantire la pace e la libertà. Un debito e una gratitudine che da figlia di migranti siriani sento ancora più grande, perché se sono diventata una giornalista libera in un Paese in pace lo devo a loro e a loro vanno il mio rispetto e la mia ammirazione.
Una delle tante cose che mi hanno colpito e commosso era che in sala ci fossero, oltre ai rappresentanti dell’Associazioni Nazionale dei Partigiani d’Italia -Anpi, tra cui molti diversi giovani, ma anche una delegazione dell’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri – Anfim, impegnati a ricordare le vittime delle Fosse Ardeatine. Mi è sembrata una compresenza segno di grande umanità e dignità, perché il sangue delle vittime ha sempre lo stesso colore e il passato deve essere consapevolezza e monito, ma non deve dividere in eterno. Ho provato a immaginare come potrebbe essere il futuro in Siria, se mai si arriverà a una situazione simile in cui, pur mantenendo idee e identità diverse, si è mossi da rispetto e partecipazione al dolore altrui.
In questa occasione si è parlato dell’importanza della libertà di informazione e del contrasto alle notizie false, perché ieri come oggi gli estremismi si nutrono di propaganda e puntano alla cancellazione della memoria. “Essere antifascisti è una cosa attuale, non del passato” ha ricordato infatti Walter Verini, tra i promotori di una legge per l’introduzione del reato di apologia fascista. Paolo Berizzi, primo giornalista a vivere sotto scorta da oltre un anno e mezzo per le minacce di gruppi di estrema destra ha messo in evidenza i nessi tra il fascismo e la mafia, e di come entrambi non vogliano che si faccia luce sulla loro realtà e sul loro modo di sostituirsi allo Stato. Le mafie, i gruppi estremisti e terroristi cercano di rendere la vita dei giornalisti difficile, non più minacciandoli direttamente, ma usando l’arma della diffamazione, della delegittimazione, dell’isolamento. “Capire i collegamenti tra questi gruppi e il palazzo, e come si infiltrino nelle scuole e nelle istituzioni è importante. Il nostro mestiere è raccontare questi fatti, anche in questo periodo in cui il clima è favorevole nei loro confronti”, ha raccontato Berizzi. Di Costituzione antifascista e antirazzista ha parlato anche in questa occasione il presidente della Fnsi Beppe Giulietti, ringraziando la Comunità di Marzabotto per il suo esempio e la sua resilienza. Giulietti ha poi ricordato il coraggio e la dignità delle famiglie che hanno perso i propri congiunti in atti terroristici e situazioni violente e hanno trasformato il proprio dolore in un impegno per il bene comune, citando la famiglia Regeni, che continua a chiedere verità e giustizia per Giulio, e per tutte le Giulie e i Giulii del mondo, la famiglia di Antonio Megalizzi, ucciso in un attentato terroristico. In teatro è stato esposto un aquilone per chiedere la liberazione di Patrick Zaky. “