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Editoria, il buio oltre la siepe

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Lo scorso giovedì 24 settembre il sottosegretario con delega Andrea Martella è stato ascoltato in audizione dalla settima commissione della camera dei deputati sulle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund (ma non si dovrebbe chiamare Next generation Ue?).

E’ emerso lo sforzo di dare ruolo e centralità ad un settore spesso tralasciato o tenuto ai margini. Quante rincorse nelle leggi finanziarie o di bilancio, spesso attraverso emendamenti faticosamente acquisiti. E’ sempre stata la sorte dei temi dell’informazione, poco considerati da un ceto politico sempre pronto – però- a rilasciare interviste o ad occupare i social. Come se il sistema cross-mediale non fosse una componente cruciale del capitalismo cognitivo e delle piattaforme. Non già un service da prendere e gettare.

La relazione del pacato ma efficiente Martella ha cercato di rompere con discrezione tale antica abitudine: le risorse del cosiddetto Recovery Fund possono essere l’opportunità per rendere moderno il settore, a partire dagli obiettivi indicati dalla commissione di Bruxelles per la trasformazione digitale.

La relazione ricorda le linee guida approvate dal comitato interministeriale per gli affari europei presentate al parlamento il 15 settembre che indicano, tra gli altri, «l’obiettivo del sostegno al settore editoriale nell’ambito della missione “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”». E sottolinea come sia su quella lunghezza d’onda lo specifico piano per il settore.

Vanno estesi ai giornali gli incentivi del piano transizione 4.0, previsto per le imprese manifatturiere. Sono diverse le voci evocate: dai sussidi per l’acquisto di beni tecnologici, alla riqualificazione professionale dei lavoratori over 45 (e i meno giovani?). Apertura a bandi e progetti inerenti al tema dell’agenda digitale. Attenzione alla cybersecurity. Molto interessante l’ipotesi di trasformare il credito di imposta per la carta in un incentivo all’editoria green, per favorire l’utilizzo di inchiostri vegetali e materiali riciclati.

Inseriti incentivi all’acquisto di abbonamenti e alla promozione della lettura in diverse fasce di popolazione: dai giovani, agli ultrasessantacinquenni, alle famiglie a basso reddito.

Si fa cenno, finalmente, al nodo dell’occupazione: assunzione di giovani, contrasto della precarietà. Dovrebbe essere il cuore di qualsiasi programma decente, visto che la transizione all’era dell’on line va poggiata sulle spalle e sulla testa delle persone in carne e ossa, vale a dire la base vera di qualsivoglia virtualità.

Una buona introduzione e non ancora lo svolgimento dei nodi cruciali dell’ecosistema: dalla risoluzione del capitolo annoso del conflitto di interessi (inizia l’iter parlamentare il testo di Primo Di Nicola, giornalista e senatore del Mov5Stelle); all’ingresso nelle redazioni dell’intelligenza artificiale. Attenzione. Lo stesso ricorso disinvolto allo smart working può avere la conseguenza di allontanare le soggettività vive, incrementando la prepotente invasione delle macchine. Software sofisticati, dittatura degli algoritmi – né trasparenti, né negoziati- rischiano di plasmare l’editoria prossima ventura. Non è una grida. Wall Street Journal, Le Monde, The Guardian, New York Times, Washington Post, Associated Press sono da tempo clienti dell’intelligenza artificiale.

Era lecito aspettarsi un cenno dal governo italiano, che potrebbe proporre all’unione europea di varare una specifica direttiva. Non digital first, come ama ripetere il direttore de la Repubblica Molinari. Se mai, innovazione sì, ma declinata dalla scienza umana. No ai robot nelle attività creative.

Un respiro corto rende fragili pure gli obiettivi immediati. Ad esempio, il rilancio del fondo per il pluralismo è indispensabile proprio per affrontare con qualche forza la nuova era.

In tale direzione servirebbe un ampliamento dell’articolo n.96 del decreto n.104 (misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia), previsto il prossimo lunedì 5 ottobre nell’aula del senato. Si parla nell’articolato di editoria. Si sposti almeno al 2025 la scadenza delle risorse previste dal fondo, incamminate dal 2021 verso una parabola discendente. Con i tagli si chiude, altro che first.


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