Si è aperta all’insegna della fraternità la XXI edizione di Pordenonelegge, un’edizione particolare a causa delle restrizioni imposte dalle norme anti Covid, che tuttavia — come ha sottolineato il Sottosegretario all’Informazione e all’Editoria Andrea Martella nei saluti di apertura — proprio in questo tempo si rivela particolarmente preziosa, perché «i libri servono per raccontare la vita» e gli scrittori, come sosteneva Adriano Olivetti, ci aiutano a immaginare il futuro.
Il festival, in programma dal 16 al 20 settembre, è stato ufficialmente inaugurato oggi pomeriggio da una lectio di Massimo Recalcati, autore per Einaudi de “Il gesto di Caino”, un gesto di cui i fatti di Colleferro, Caivano e Como ci hanno ricordato la perturbante attualità. Eppure, ha spiegato al teatro Verdi il noto psicoanalista, la fratellanza non è un dato di natura e non può essere data per scontata: l’odio, sosteneva Freud che ben conosceva questo testo biblico, viene prima dell’amore. Se ci pensiamo bene, tutte le esperienze di fratellanza di cui parla la Bibbia sono esperienze fallimentari: sono luoghi dove trova posto la frèrocité, per dirla con un neologismo coniato da Lacan (frèrocité, ferocia + frère, fratello), ovvero la ferocia tra fratelli. Caino non accetta l’arrivo di Abele, non accetta di non essere più unico, rifiuta il due. L’essere umano fa fatica a tollerare l’altro e la violenza è una tentazione che punta a sopprimere l’altro. Altro che può essere il luogo della risorsa, della solidarietà necessaria, nella consapevolezza che nessuno si salva da solo. Ma altro che può essere anche il luogo di una potenziale minaccia, dell’infezione, del contagio. La fratellanza è un percorso di rinuncia alla violenza, che sorge dal narcisismo, e di progressiva umanizzazione, si attua nella democrazia, nel molteplice che riconosce l’altro e il suo diritto all’esistenza.
In questo tempo di pandemia che, oltre ad aver aumentato le paure e fatto crescere l’importanza e l’irrinunciabilità delle relazioni ha anche accentuato le disuguaglianze, le istituzioni devono essere in prima fila nel dare prova di fratellanza, dimostrando concretamente di essere in grado di stare vicino agli ultimi, perché quando l’ultimo è abbandonato e l’altro non risponde scoppia la violenza, che non parla. E davvero, come ha scritto dopo i fatti di Como Tonio Dell’Olio, «non c’è altra strada per rigenerare il mondo, per sanare le ferite, per riscattarsi dalla violenza che farsi prossimo di Caino e non solo di Abele». Imparare a vedere la parte buia di noi stessi, sapere che in noi convivono sia Caino che Abele, ci aiuta a essere più tolleranti e più fraterni, a non prendere le distanze erigendo muri e irrigidendo i nostri confini fino a blindarci dentro le nostre identità. Un’impresa imponente su cui Qualcuno ha scommesso e su cui tanti nel suo nome continuano a scommettere. L’impresa del diventare umani.