Da Minsk a Colleferro, la barbarie è un problema globale 

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C’è un filo rosso che lega gli omicidi della polizia ai danni degli afroamericani, l’indecenza del regime di Lukashenko e ciò che è accaduto a Colleferro, dove un ragazzo di ventuno anni, Willy Monteiro Duarte, è stato massacrato di botte da un gruppo di energumeni palestrati per aver difeso un amico dalla loro insopportabile prepotenza.
Pare che anche Willy, proprio come George Floyd, prima di morire, abbia detto di non riuscire a respirare, il che rende bene l’idea di quanto questa società basata sull’odio, infarcita di violenza, di ferina cattiveria e disumana viltà stia privando dell’aria e dei beni fondamentali ciascuno di noi.
Non si respira più in questa società senza valori. Non è possibile continuare a tacere di fronte alla diffusa follia che sta dilagando ovunque, in un Occidente in guerra con se stesso, in cui il tessuto civico è disarticolato e ognuno è solo sul cuor della Terra, senza un raggio di sole, una prospettiva, una speranza.
Non staremo qui a riflettere sul disagio sociale, anche se il disagio sociale è evidente, per il semplice motivo che gli assassini che hanno distrutto la vita di un ragazzo buono e inerme non meritano alcuna comprensione. Merita, tuttavia, di essere analizzato con la massima attenzione l’humus in cui prospera quest’esplosione di crudeltà, senza demonizzare le palestre o le arti marziali in generale ma senza neanche ignorare il fatto che non è un caso se determinate belve si formino quasi sempre in determinati luoghi, quasi sempre con un determinato colore politico e determinate idee. Sarà un caso, ma gli indizi sono un po’ troppi per ignorare il fascismo dilagante.
Il guaio è che offrire una connotazione ideologica a quanto sta avvenendo sarebbe molto comodo quanto profondamente sbagliato, dato che di ideologico non c’è nulla, mancando del tutto un fine, un orizzonte, una meta. L’ideologia sta a monte ed è l’idea thatcheriana secondo cui la società non esiste, esistono solo gli individui e ciascuno deve essere un capitalista, mirare ai soldi, al potere persino all’eccesso, rinchiuso nella propria torre d’avorio, in perenne conflitto col prossimo, in difesa di beni sempre più effimeri, di un modus viventi volto all’isolamento e alla divisione, di un benessere che, se non condiviso, altro non è che frustrazione.
L’Occidente è diventato sostanzialmente questo: una società senza ideali, senza comunità, senza condivisione delle responsabilità, senza punti di riferimento e senza politica, dominata da un edonismo che non ci siamo mai potuti permettere e da un egoismo che ha finito col privarci di ogni effettiva libertà.
Willy è un piccolo eroe contemporaneo che, pur senza voler compiere alcun atto eroico, ha trovato in sé la forza di provare empatia per gli altri, di provare a spezzare le catene dell’indifferenza e di lottare non solo contro quattro farabutti ma contro un modello sociale, una visione distorta del mondo, la legge della giunga che si è impadronita del nostro stare insieme. Ha pagato con la vita il proprio essere cittadino, proprio come i protagonisti delle rivolte americane, come gli oppositori dei regimi dell’Est e come molti di coloro che non accettano questa distruzione della dignità umana e si battono con coraggio per impedire l’annientamento degli ultimi principî rimasti. A loro va il nostro affetto, la nostra gratitudine e il nostro pensiero quotidiano. Chiunque odii l’indifferenza e gli indifferenti, correndo il rischio di pagare a caro prezzo per la propria forza d’animo, merita di essere sostenuto concretamente. Gli assassini, purtroppo, sono diventati l’emblema della nostra apatia civile, della nostra incapacità di essere una collettività, della nostra assenza di solidarietà e del nostro vivere sempre più come atomi privi di pietà. In un contesto del genere, è lecito temere per le sorti globali della democrazia.

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