Una cosa è normale, che il dolore sia ancora molto forte. L’altra è meno normale, che a 16 anni dalla morte ancora scopra parole sue che non avevo mai letto. Eppure a ogni agosto, da allora, setaccio tutto in cerca di ricordi inediti perché la sua produzione è sempre stata molto intensa. Emozionante anche pensare che un’amicizia forte, ma pur breve (un mese), ci abbia così profondamente “scambiati”. Oggi ho scoperto queste righe di Enzo Baldoni che, come tutti gli altri semi che ha lasciato, sono una profezia e una bella pagina di fratellanza universale. Sono un inno alla pace e al rispetto di tutte le opinioni, in un momento di autentico massacro e di sopraffazione. Le dedico, da parte sua, a tutti quelli che lo amano: da gabbiano a balena o, meglio ancora, da panzone a panzone ormai.
“Probabilmente l’errore è lo schierarsi su sponde opposte, trincerandosi dietro le definizioni e le bandiere (“Giusto”, “Sbagliato”, “Forza”, “Debolezza” ecc). Perché polarizza, riduce le situazioni al bianco e nero e impoverisce il panorama di tutti i colori meravigliosi che danno polpa, gusto e sapore alla vita. L’errore – a mio avviso, ma mi pare che lo abbiamo detto lungamente – è pensare che solo il proprio punto di vista sia quello giusto … come ho detto … nel sesso, in amore, nelle scelte personali e anche nelle scelte al ristorante TUTTE le posizioni sono rispettabili, nei limiti in cui non facciano soffrire un altro (o col criterio della minor sofferenza: certo che un violentatore soffre, in galera, ma…). …Per il resto: ognuno viva come sente e secondo cosa lo fa felice. Senza condannare chi la pensa diversamente e senza escludere che un’opinione che oggi è di granito domani possa cambiare di 180°. Perché, alla fine, il vero sale della vita è il cambiamento. E solo i morti e i fanatici restano fedeli a un’opinione. (Anzi, i fanatici no. Spesso abbracciano la fede diametralmente opposta, ma sempre con lo stesso fanatismo cieco). [Enzo Baldoni]”
Di lui conservo tutto, soprattutto i testamenti che mi ha regalato, specie uno che ho adottato in maniera totale: “Lasciamo che siano i fatti a parlare. Il resto sono chiacchiere e politica, da cui voglio tenermi lontano”. Da parte mia continuo con l’impegno assunto in una giornata di ordinaria violenza a Baghdad: di portare avanti i nostri “blog paralleli”, segno di un’immortalità almeno virtuale che anche gli amici della sua Zonker Zone continuano comunque a perpretare. Cosa mi resta di lui, oltre al ricordo? L’ormai rituale vignetta di Lucrezia Colombo, amica umbra a ridosso di Preci: ritrae su una gigantesca balena un piccolo gabbiano che m’illudo essere io, forse in memoria di quella luna e quella torre che ci hanno sempre accompagnato e unito. Poi un altro splendido ricordo di un grande artista, Mauro Biani. Infine un file con quelle foto inedite, confuse nella città di al Sadr, una terra arida, velenosa che ha visto il suo ultimo sguardo inguaribilmente curioso. In un inferno di spari riuscivamo a parlare di pace e di libertà, e anche dei figli. Troppo poco forse per un reporter di razza. Ma mi basta.
Adesso è tornato a Milano, la sua città di adozione, nel cimitero monumentale. Sicuramente un atto dovuto a un grande, così gli amici di sempre potranno andare a onorarlo. Ma, scusatemi, non sono sicuro per niente che lui ne sia felice. So che lui piaceva parlare sottovoce, senza grancassa. Basta leggere le sue inimitabili istruzioni per un funerale.
p.s. Infine, un appello personale. So che ci sono ancora tanti misteri sul suo sacrificio. Voi che lo conoscete meglio, parlate di lui, di quello che era e che ha lasciato. Ma smettetela di discutere del suo ultimo viaggio a Najaf. Spesso sono pieni di inesattezze, e anche di bugie. Non potete saperne di più di noi che c’eravamo, e c’è chi ancora non dice la verità.
Pino Scaccia
[26 agosto 2004] “Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch’io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo. L’indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato”. (Enzo G. Baldoni)