Era prevista per oggi l’esecuzione di tre giovani ragazzi iraniani che hanno partecipato alle proteste per il caro benzina in Iran lo scorso novembre 2019. Si chiamano Amirhossein Moradi e Mohammad Rajabi di 25 anni e Saeed Tamjidi di 27, e sono stati condannati la scorsa settimana dalla Corte Suprema di Teheran, che ha confermato un precedente verdetto del Tribunale , alla pena capitale.
Da qualche giorno l’haststag #NOEXECUTION “Non eseguite la condanna” continua ad essere condiviso sui vari social.
Sono arrivati a 5 milioni infatti i tweet che chiedono al Governo Iraniano di interrompere la sentenza. Anche il Regista Premio Oscar Asghar Farhadi si é unito alla campagna per la sospensione della pena rilanciando l’hashtag su Instagram.
Proprio per il grande afflusso sui social con la richiesta di sospensione della pena l’Iran ha rallentato la velocitá di internet, credendo in questo modo di diminuire il flusso di informazione e fermare la campagna mediatica.
Il 1 ° luglio 2020, gli avvocati dei ragazzi hanno inoltre pubblicato una lettera aperta in cui si affermava che il caso contro i loro clienti si basava su “confessioni estratte in condizioni aberranti” e hanno rilevato diverse irregolarità nella procedura giudiziaria. “Non ci è stato permesso di difendere i nostri clienti – hanno scritto– ma speriamo di invertire la sentenza attraverso la nostra richiesta di un controllo giurisdizionale”.
I tre ragazzi sono stati arrestati insieme a centinaia di giovani durante le proteste nate per il malcontento generale lo scorso novembre. Sono stati torturati e obbligati ad una confessione.
I legali dei ragazzi, hanno dichiarato che il processo non é stato equo e che le confessioni dei ragazzi sono state ‘estorte’ proprio con l’uso della tortura.
Secondo il direttore del Center Human Rights, Hadi Ghaemi, il verdetto è “ingiusto”, volto a “intimidire la popolazione” e a “ridurre al silenzio le proteste”.
Lo scorso 22 febbraio 2020, Moradi (25), Tamjidi (27) e Rajabi (25) erano stati condannati a morte dal giudice Abolqaem Salavati della sezione 15 della Corte rivoluzionaria, noto per le sue dure pene in casi motivati politicamente. La condanna a morte dopo l’accusa di “partecipazione al vandalismo e incendio doloso con l’intento di affrontare e intraprendere una guerra con la Repubblica islamica dell’Iran”.
A novembre 2019 gli scontri in Iran iniziarono, in seguito ad una decisione del governo di togliere i sussidi sulla benzina e razionare il petrolio causando così un’impennata dei prezzi. Da quel momento si scatenarono proteste violente che le autoritá fermarono con arresti ed uccisioni. Durante quel periodo vennero incendiati 47 negozi e 29 stazioni di servizio e danneggiati gli uffici di 140 banche.
Ma gli avvocati hanno risposto “I nostri clienti erano presenti alle proteste ma non hanno assolutamente dato fuoco a banche e automobili e il riassunto del caso include le loro dichiarazioni al tribunale che negano e respingono le confessioni fatte durante le indagini preliminari“.
L’Iran come sempre dichiara che a fomentare le proteste siano stati elementi ‘esterni’ volti ad abbattere la Repubblica Islamica. Purtroppo il malcoltento generale nasce invece, proprio allinterno della stessa popolazione stanca di sopprusi e limitazioni della libertá.
Il messaggio dell’Iran con l’esecuzione di questi tre giovani é molto chiaro: “protestare contro la Repubblica Islamica porta all’impiccaggione”.
Monito che per alcuni avrá l’effetto desiderato per molti altri sará motivo di continue battaglie in nome di giustizia e libertá che al momento non ci sono.