Non è con i messaggi di solidarietà che ci si può mettere con la coscienza a posto. È il momento di agire e tutti devono fare il loro dovere.
Pensare di affrontare le numerose criticità strutturali del settore dell’informazione, aggravate dall’emergenza sanitaria, soltanto con il taglio continuo a sistematico del costo e dei posti di lavoro, come purtroppo avviene da più di un decennio, dimostra l’incapacità di elaborare una visione e una strategia di sistema che, partendo da riforme necessarie e ineludibili, avvii il rilancio di un settore vitale per la vita pubblica e la tenuta delle istituzioni democratiche.
È pertanto auspicabile che questa vertenza, che la Fnsi continuerà a sostenere e per la quale torna a chiedere all’editore di avviare un confronto nel merito senza pregiudiziali e inutili esibizioni muscolari, possa segnare l’inizio di una più ampia mobilitazione. L’informazione e la tutela della dignità della persona e del lavoro devono tornare al centro del confronto con il governo e con gli editori. La crescita delle diseguaglianze, che mette sempre più a rischio la tenuta sociale del Paese, interessa da tempo anche il mondo dell’informazione. Ne devono prendere atto anche i cosiddetti giornalisti garantiti, per alcuni dei quali la precarietà da sbattere in prima pagina è sempre e soltanto quella di altre categorie di lavoratori. Molti direttori di testate giornalistiche fanno finta di non sapere che gli autori di servizi, reportage e inchieste hanno inquadramenti contrattuali peggiori di quelli dei rider.
Sono sempre di più i giornalisti costretti ad accettare condizioni vergognose pur di continuare a lavorare. Questo aspetto non può lasciare indifferente neanche il governo perché, sempre più spesso, a imporre contratti capestro sono aziende che beneficiano a vario titolo di provvidenze pubbliche. Condizionare il riconoscimento di aiuti pubblici, pensionamenti anticipati compresi, all’applicazione del giusto contratto ai giornalisti, non è una bestemmia, ma sarebbe una misura di civiltà. La qualità e l’autorevolezza dell’informazione non possono prescindere da condizioni di lavoro e retribuzioni dignitose dei giornalisti.