NAPOLI. Un tempo Luigi Barzini jr. rispetto alla professione del giornalista diceva, scherzosamente, “sempre meglio che lavorare”. Oggi la frase appropriata sarebbe: “Sempre meglio andare a raccogliere pomodori”. Parliamo della morte del lavoro intellettuale. #valgopiùdi7euro: con questa grido di dolorosa protesta i colleghi del Messaggero, per tre giorni dal 10 luglio, chiudono taccuini e spengono pc, sperando che “l’azienda apra il confronto, che chiederemo incessantemente anche tramite la mediazione delle istituzioni, chiamate in causa da un comportamento inaccettabile dell’editore”.
“L’assicurazione del Suv di Massimiliano ha pattuito con la famiglia del ciclista un risarcimento di 218.976 euro. Importi come questo vengono calcolati valutando parametri specifici: l’aspettativa di vita di una persona, la sua potenzialità di guadagno, la quantità e la qualità dei suoi legami affettivi. I periti assicurativi lo chiamano il capitale umano”. Con questa frase agghiacciante nei titoli di coda, si chiudeva il noir amaro di Paolo Virzì, “Il Capitale Umano”, appunto. Una “tragedia greca” della Brianza, dove le vittime e i carnefici sono gli stessi individui. Il film capolavoro del regista fiorentino gira attorno alla morte di un cameriere, investito, mentre di notte, dopo il lavoro, torna dalla sua famiglia in bicicletta, inconsapevole di un mondo spregiudicato, che avrebbe fatto di tutto per insabbiare il colpevole della sua dipartita. Un’immagine forte. L’assist, utile ad introdurre un altro metro valutativo; certo meno drammatico, ma comunque ingiusto: il cosiddetto “Equo compenso” per la categoria dei giornalisti. Quella strana valutazione, per la quale “oggigiorno – scriveva Oscar Wilde – si conosce il prezzo di tutto, ma non si conosce il valore di niente”. Se, come è scritto nella Carta di Firenze, “i colleghi in precariato, possono far rispettare con difficoltà le regole deontologiche”, allora c’è un problema serio per la libertà di stampa. La categoria, non soltanto non guadagna, ma addirittura ci rimette… E il famoso “Equo compenso” è solo una chimera, calpestata dai più grandi gruppi editoriali.
“Non abbiamo altra scelta – raccontano, i giornalisti, stremati da anni di sistematica ed immotivata riduzione dei già magri compensi – per la dignità del lavoro, per il diritto dei giornalisti di informare, e per il diritto dei lettori di essere informati da giornalisti liberi e indipendenti, siamo costretti a proclamare un pacchetto di 3 giorni di sciopero contro i tagli dei compensi e per lanciare un segnale forte all’editore che sta ignorando ogni richiesta di dialogo. D’intesa con il sindacato unico e unitario dei giornalisti Italiani, la Fnsi”.
Come portavoce di “Articolo21 per la Campania” sono vicina ai colleghi del Messaggero e a tutti quei cronisti, che con i loro lavoro incessante e professionale, troppo spesso riempiono l’80% dei contenuti di una testata. Recentemente è stato consegnato simbolicamente a Paolo Siani il tesserino di professionista dedicato al fratello Giancarlo. Siani, che era e sarà per sempre un “giornalista giornalista”, era un precario de’ “Il Mattino”. Purtroppo da allora le modalità di sfruttamento dei collaboratori sono solo peggiorate. Per questo motivo dalla mia regione, martoriata per continue minacce alla libera informazione (fisiche e sotto forma di querele temerarie), lancio l’idea di un “Osservatorio permanente sul precariato giornalistico”. Una rubrica fissa, che sarà pubblicata per la prima volta su “Articolo21”, dove con una sorta di prezziario, saranno evidenziati i compensi giornalistici italiani delle maggiori testate. Perché, parliamoci chiaro, se un giorno tutti i collaboratori decidessero di incrociare le braccia, in Italia si fermerebbe del tutto l’informazione. Anche nella tv di Stato. E non è detto che non accada. La dignità non ha prezzo. Anzi non può scendere oltre!