Abituato per sua stessa ammissione a una vita agiata e dissoluta, ma non per questo uno stupratore. Federico Pesci alza la voce e si difende con una lettera aperta a tutti i giornali.
Una lettera in cui respinge ogni accusa, e chiede agli enti che difendono le donne di ascoltarlo. Di capire che anche lui è una vittima.
Una lettera che pubblichiamo integralmente, scevra da ogni giudizio, perché ogni essere umano ha il diritto alla replica.
“Spett.le Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna
Non mi piace rivolgermi a un’entità astratta. Conosco i vostri pensieri, conosco le vostre opinioni. Percepisco, palpabile e netto, il vostro odio nei miei confronti.
Credo tuttavia, per quel che può per voi valere, che l’attività della vostra Associazione sia assolutamente meritoria, degna del massimo rispetto e della migliore considerazione.
Comprendo la rabbia che traspare da esse ma mi permetto di invitarvi ad una più serena riflessione sulla vicenda che, permettetemi, ha travolto me ed miei genitori il 30 agosto 2018.
Quello che accadde il 18 luglio 2018, lo urlerò finché avrò voce, non fu un atto di violenza ma solo ed esclusivamente un rapporto sessuale bondage a cui tutti e tre i protagonisti hanno partecipato di propria volontà. Questa è l’unica verità che sta emergendo oggi dal processo. Non potete certo non condividere il fatto che io paghi il pregiudizio per questo modo di fare sesso.
Ciò che dimostrate di ignorare è che il Tribunale di Parma, il 24 giugno scorso, ha disposto d’Ufficio (e cioè senza che lo chiedesse nessuno) una perizia psichiatrica per valutare la capacità a testimoniare della signora Lucia (nome di fantasia già adottato da altri).
Vi devo confessare che la vostra presa di posizione di oggi mi sorprende non poco.
Quando voi, parlando di gogna mediatica, scrivete che “poco importa che la vittima non sia riconoscibile o che non sia stato pubblicato il nome e cognome perché lei stessa si riconosce” mi chiedo dove eravate prima.
Aggiungiamo, per ulteriore completezza, estratto di una lettera scritta da Roberto Cavalieri, Garante dei detenuti, uomo stimato e super partes, in cui racconta la gogna mediatica subita da Pesci (che non è amico, ne conoscente, di Cavalieri). La lettera è indirizzata al direttore della Gazzetta di Parma, dopo alcuni post comparsi sulla pagina Facebook della stessa.
Nella stessa, Cavalieri riportava un post che…parla da solo.
Cavalieri ricordava che “l’imputato è persona sottoposta agli arresti domiciliari ed è ammessa al lavoro, pertanto a contatto con le persone, e la cronaca giornalistica riporta immagini dell’imputato e le sue generalità.
Circa il post in questione, e purtroppo non è il solo, lascio a lei l’eventuale valutazione di una segnalazione alla Procura. Il post del lettore, Sig…. (omissis)…., ha un contenuto inaccettabile e la invito a farlo rimuovere così come anche gli altri post che hanno contenuti offensivi o minacciosi nel rispetto di una persona, il detenuto Federico Pesci, che è ad oggi è sottoposta agli arresti domiciliari, incensurata e innocente sino all’eventuale sentenza di condanna”.
In quel caso nessuno si è mai indignato. Perchè?