A partire dal 26 giugno Amnesty International ha chiesto al governo italiano, nelle persone del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e del ministro degli Esteri Luigi di Maio, di sollecitare il presidente egiziano Abdelfattah al-Sisi a includere nell’annunciato provvedimento di grazia per 530 detenuti anche Patrick Zaky, giunto ormai al 145° giorno di detenzione illegale e arbitraria.
Nei giorni successivi si è compreso che il provvedimento avrebbe riguardato solo detenuti condannati che avessero scontato almeno una parte della pena. Criminali comuni, dunque, magari anche ladri e assassini, dato che i prigionieri politici e di coscienza sono tutti in attesa di giudizio, secondo quella presunzione di colpevolezza tutta egiziana che può tenerli prigionieri fino a due anni (ma nei fatti anche oltre, come racconta l’esperienza di Ibrahim Metwally, presidente dell’Associazione dei genitori degli scomparsi, in carcere dal 10 settembre 2017) nel limbo e nell’oblio.
Amnesty International, il Comune di Bologna e l’Università di Bologna hanno sollecitato una “eccezione Zaky”, insieme a diversi parlamentari, ritenendo che un provvedimento di grazia motivato da esigenze di decongestionamento legate al contrasto alla pandemia da Covid-19 dovrebbe riguardare in primo luogo gli innocenti e gli ammalati. Patrick Zaky fa parte di entrambi i gruppi: come detenuto in attesa di giudizio, vale nei suoi confronti la presunzione d’innocenza ed è a rischio di contagio, essendo affetto da asma bronchiale.
Da qui la domanda alle suddette autorità italiane: è stato chiesto, in nome degli ostentati e rivendicati buoni rapporti con il presidente egiziano al-Sisi, che Patrick Zaky sia compreso nella lista dei detenuti da graziare?
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