ROMA – Con il nuovo report di Stop TTIP Italia “Pianeta Svenduto” e una lettera firmata da 265 organizzazioni europee e latinoamericane parte oggi la Campagna #StopEuMercosur, per fermare uno dei trattati considerati tra i “più tossici mai formulati”, negoziato dall’Ue con i Paesi del mercato comune sudamericano (Mercosur): Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay. Con la lettera, indirizzata ai Governi, al Parlamento europeo e alla Commissione europea, la società civile sui due lati dell’Atlantico si mobilita contro un accordo commerciale che rischia di alimentare la distruzione dell’Amazzonia e le violazioni dei diritti umani, soprattutto per i popoli indigeni. Il tutto per aumentare gli scambi fra l’Unione europea e i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) di prodotti particolarmente dannosi per il clima e l’ambiente. “Da un lato il trattato vuole facilitare l’industria automobilistica europea, mentre dall’altro aiuterà allevatori e agricoltori brasiliani e argentini a spedire in Europa centinaia di migliaia di tonnellate di carne, soia, biocarburanti e altri prodotti agricoli, tra cui OGM e prodotti trattati con pesticidi spesso vietati – dichiara Monica Di Sisto, portavoce della campagna – Tutte produzioni ricavate spesso dalla deforestazione dell’Amazzonia, che con l’abbattimento di regole e controlli potranno entrare nei nostri mercati a prezzi così bassi da colpire duramente il settore agricolo nazionale e continentale. Non solo: anche se ormai è incontestabile il collegamento fra allevamenti industriali e pandemie, questo accordo rafforza un settore che sta contribuendo ad una crisi ecologico-sanitaria senza precedenti”.
Pianeta svenduto: tutti i punti critici dell’accordo
Per approfondire il tema Stop TTIP Italia pubblica oggi “Pianeta Svenduto”, un rapporto di analisi che va nel merito del trattato commerciale per dimostrarne l’insostenibilità e spingere la politica a prendere una posizione netta contro la sua approvazione. Finora, tuttavia, l’Italia si è allineata acriticamente alle posizioni favorevoli di altri paesi europei, come dimostrano le dichiarazioni della Viceministra degli Esteri, Marina Sereni e del Ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola. Il rapporto pubblicato oggi e la Campagna #StopEuMercosur contengono tutti gli elementi per mettere da parte questo ottimismo e assumere una prospettiva più critica.Nel report si sottolinea che dopo 20 anni, i negoziati tra l’Ue e i paesi del Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) sono culminati in un accordo politico nel giugno del 2019. Da allora la Commissione europea sta preparando il documento per la ratifica definitiva, che spetta al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali. Ma questo accordo è molto controverso: i Parlamenti di Austria, Olanda e Vallonia lo hanno addirittura respinto per com’è oggi, mentre alcuni stati membri (Francia e Irlanda) hanno espresso chiare critiche. Secondo i promotori la liberalizzazione commerciale creerà un mercato transatlantico a condizioni preferenziali tra i due blocchi che coinvolgerà quasi 750 milioni di persone. L’Ue spera di ottenere un accesso più facile al mercato per le sue esportazioni di macchine e macchinari industriali, prodotti agroalimentari, prodotti farmaceutici e finanziari, e la possibilità di fare offerte per appalti pubblici precedentemente preclusi alle società straniere. I paesi del Mercosur sperano di ottenere un accesso più economico al mercato dell’UE per alcuni dei propri principali prodotti agricoli e di altri prodotti e di rendere più facile operare nell’UE per le proprie aziende, incluso un accesso più facile ai visti di lavoro. Nell’arco di dieci anni dall’entrata in vigore dell’accordo si elimineranno le barriere tariffarie nel Mercosur sul 91% dei prodotti importati dall’Unione europea. Dal canto suo, sempre nel corso di un periodo di transizione di 10 anni, l’UE esenterà dai dazi il 92% dei prodotti importati dai paesi Mercosur.
Dall’industria automobilistica alla soia, ecco chi ci guadagna
Secondo il rapporto a cantare vittoria in Europa sarà principalmente l’industria automobilistica tedesca, nel blocco sudamericano festeggeranno agricoltori e allevatori. Brasile, Argentina e Uruguay sono già i primi tre paesi da cui l’UE importa carne bovina. Se aggiungiamo Paraguay (ottavo nella lista), i paesi del Mercosur rappresentano quasi l’80% di tutte le importazioni di carni bovine verso l’UE, con un totale di quasi 270 mila tonnellate nel 2018. Per il pollame, l’Ue ha concesso una quota supplementare di 180 mila tonnellate ai paesi del Mercosur, principalmente al Brasile. Questa quota raddoppia l’ultima offerta fatta alla fine del 2017 ed è equivalente all’intero settore produttivo tedesco o francese. L’abbattimento dei dazi favorirà inoltre le esportazioni di soia dal Mercosur, che già oggi fornisce all’UE il 90% della farina ricavata da questo legume (oltre 14 milioni di tonnellate) e utilizzata come supplemento proteico nei mangimi animali (46,4% dal Brasile, 40,9% dall’Argentina, 3.5% dal Paraguay). Il Brasile è anche la prima fonte europea di importazione di semi di soia con il 39,3%, seguito dagli USA al 38,3%, dal Canada (12,3%), dall’Ucraina (5,2%) e dal Paraguay (1,4%).
I rischi sanitari e la pirateria alimentare
“Il manzo refrigerato e il pollame dal Brasile si sono classificati, per i casi di Escherichia Coli-Shigatoxin, nella top ten dei cibi più pericolosi per il numero di allarmi alimentari che hanno fatto scattare in Italia nel 2018 secondo le elaborazioni Coldiretti su dati RASSF -spiega il report -. In Brasile dall’inizio dell’anno sono stati approvati ulteriori 211 pesticidi molti dei quali sono vietati in Europa”. C’è poi la competizione con le eccellenze italiane: su un totale di 297 prodotti agroalimentari e 523 vini protetti da indicazione geografica dall’Unione Europea, l’accordo ne tutela dalla concorrenza sleale meno del 7% (appena 57 tra alimentari e bevande), che dovranno peraltro in molti casi convivere per sempre con le “brutte copie” sui mercati sudamericani, a partire dalla Fontina, dal Parmesan, Parmesano, Parmesao, Reggianito e Grana. L’ammorbidimento di controlli e ispezioni previsto dal trattato è una delle leve per facilitare gli scambi fra i dUE blocchi. La parte esportatrice preparerà un elenco di “stabilimenti riconosciuti” autorizzati a controllare i prodotti animali e vegetali che verranno esportati. Saranno certificati da un’autorità competente di quel paese, che dovrebbe garantire che tali stabilimenti non violino i requisiti sanitari della parte importatrice. La parte importatrice avrà il diritto di effettuare verifiche e audit sul sistema di controllo ufficiale della parte esportatrice, ma dovrà annunciare tali controlli con 60 giorni di anticipo. Rendendoli di fatto inefficaci. Allo stesso tempo, per di più, le parti hanno convenuto di semplificare i controlli e le verifiche, nonché di ridurre la frequenza dei controlli all’importazione. Tenendo conto del fatto che la quantità di prodotti a base di carne importati nell’UE aumenterà, si tratta di una prospettiva preoccupante per gli europei, soprattutto alla luce dei recenti scandali legati alla corruzione connessa ai controlli all’export alla carne bovina brasiliana e all’uso di ormoni della crescita vietati nell’UE.
Indigeni nel mirino e boom di emissioni
Nello studio si ricorda che c’è stato un drammatico aumento degli attacchi agli indigeni, ad altre comunità tradizionali e ai loro territori. A febbraio 2019 almeno 14 territori indigeni protetti sono stati attaccati dai paramilitari assoldati per ‘liberarli’. Inoltre, il governo brasiliano ha abolito più di 35 consigli nazionali di partecipazione sociale. Gli attacchi alle persone che difendono i loro territori o le risorse naturali sono in aumento nelle aree rurali del Brasile, con conseguente aumento della morte di leader della comunità, contadini e attivisti. Secondo i calcoli dell’ONG Grain, importare più manzo, formaggio, etanolo (da canna da zucchero), latte artificiale, pollame, riso, latte scremato in polvere e zucchero a basso costo dall’area del Mercosur, oltre a danneggiare seriamente i produttori europei creerebbe un incremento di circa 8,7 milioni di tonnellate di gas climalteranti l’anno rispetto ai livelli di emissione pre-Covid. Le emissioni legate al commercio di questi prodotti tra l’UE e il Mercosur (25,5 milioni di tonnellate), cresceranno nel complesso del 34%. Le foreste, il clima e i diritti umani sono menzionati nel capitolo 14 del trattato, dedicato a “Commercio e sviluppo sostenibile”. In presenza di violazioni non sono però previste sanzioni di natura commerciale, a causa di un meccanismo di risoluzione delle controversie molto debole, basato sulla consultazione fra le parti ma senza divieti concreti o misure di ritorsione economica per chi concorre al degrado ambientale o alla violazione dei diritti umani. Per quanto riguarda le foreste, ad esempio, ci si impegna contrastare il disboscamento illegale ma non si punta a penalizzare la soia, la carne bovina o lo zucchero coltivati su terreni disboscati illegalmente. Stando così le cose, è arduo ritenere queste disposizioni sufficienti a limitare lo sfruttamento intensivo dell’ecosistema e la compressione dei diritti umani. Il tutto mentre dal 2012 ad oggi l’Amazzonia ha visto tornare a crescere la deforestazione, con gli incendi boschivi che hanno toccato nuovi picchi nel 2019 e si sono intensificati perfino durante la pandemia, sfruttando minori controlli e un’opinione pubblica concentrata sulla propria incolumità.
Un cattivo affare per l’Italia
Oggi, dopo che con il Covid l’export di beni è crollato di un ulteriore 34,5% in aprile (-16,3% a marzo), la caduta è diffusa ai principali mercati, eli ordini esteri indicano risalita da maggio, ma su livelli molto bassi, ci vuole il coraggio di cominciare a invertire le priorità del modello di sviluppo del nostro Paese, con una moratoria e un ripensamento degli accordi commerciali in essere e in fase negoziale. “Se andiamo a considerare in termini assoluti il valore dei Paesi del Mercosur tra i Paesi destinatari dell’export italiano scopriamo che solo il Brasile entra tra i primi trenta UE e extra UE, ed è appena 26esimo con 3.964 milioni di euro di valore dell’export nel 2019, lo 0,8% dell’export globale italiano. Per quanto riguarda l’import, il Brasile è solo 29esimo con 3.151 milioni di euro di valore dell’import italiano nel 2019, lo 0,7% dell’import globale italiano” si legge nel report-A fronte di questo valore rilevante, ma non determinante, ci sono le preoccupazioni espresse per l’impatto di questi nuovi flussi commerciali sul mercato europeo soprattutto dei prodotti agricoli, e di conseguenza sui livelli e sulle garanzie occupazionali. Le anticipazioni Istat dei dati complessivi dell’export verso i paesi Mercosur del mese di maggio sono negative, con un calo del 51,7%% su base annua e un calo del 14,1% delle importazioni”. Secondo le ong c’è bisogno di un cambio di paradigma nell’intero comparto industriale e commerciale nazionale, che ci conduca verso una minore dipendenza dalle esportazioni. Evitare di esporre il mercato europeo e italiano a un impatto concorrenziale disastroso già in fase pre-crisi sul settore agroalimentare non è una scelta ragionevole. A maggior ragione oggi. Il governo dovrebbe orientare l’economia e il commercio alla protezione della nostra salute invece di accettare una riduzione dei controlli sui prodotti provenienti dall’estero.