Sono passati 40 anni da quel mattino, dall’omicidio del giudice Mario Amato che in quel periodo stava indagando sui gruppi neofascisti di Roma. Ripensarci adesso, nei giorni in cui è ancora molto complicato addentrarsi nelle trame nere della capitale e relative coperture, è un esercizio durissimo. Lo faranno, tra gli altri, i docenti del Coordinamento nazionale delle discipline dei diritti umani proprio nella giornata di domani (23 giugno). Alla fine degli anni Settanta il giudice Amato indagava su vari casi connessi al terrorismo nero. Fu ammazzato con una pistola calibro 38, la stessa arma probabilmente utilizzata, secondo il Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche, per l’omicidio di Piersanti Mattarella, la mattina del 23 giugno del 1980 da un esponente del Nuclei Armati Rivoluzionari qualche settimana prima della Strage di Bologna. Le indagini del giudice infatti seguivano proprio il filo conduttore che univa l’estremismo di destra e la criminalità ordinaria, la Banda della Magliana. Amato era arrivato a Roma dopo l’uccisione di Vittorio Occorsio per continuare le sue inchieste sul terrorismo nero. Si sentì subito solo. Era solo. Illustrò al Consiglio Superiore della Magistratura i timori circa la sua sovraesposizione per via delle inchieste sui gruppi eversivi neofascisti, usciti fino a quel momento indenni dal controllo della giustizia romana e ciò lasciava spazio a dubbi su possibili coperture o complicità. Il giudice Mario Amato è stato colpito mentre si recava alla fermata dell’autobus per raggiungere il suo ufficio in piazzale Clodio. Aveva l’auto in riparazione e non c’erano macchine di servizio disponibili a quell’ora. Viene avvicinato da un giovane proprio all’altezza della fermata e colpito alla testa. Poco dopo arriverà la rivendicazione con una telefonata: “Siamo i NAR, abbiamo ucciso noi il giudice Amato. Troverete un volantino nella cabina telefonica di via Carlo Felice”.
Il documento di rivendicazione, dal titolo “Chiarimenti” riporta queste frasi: ”Abbiamo eseguito la sentenza di morte emanata contro il sostituto procuratore dottor Amato, per la cui mano passavano tutti i processi a carico dei camerati. Oggi egli ha chiuso la sua squallida esistenza imbottito di piombo. Altri la pagheranno”. Per l’omicidio sono stati condannati all’ergastolo Gilberto Cavallini, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro.
(La foto di Mario Amato è tratta dal sito del Csm)