“Tanto prima o poi ti becco e ti taglio la gola, puttana islamica di merda”
È uno tra i tanti messaggi arrivati e commenti di odiatori seriali che ancora una volta si sono riversati sulle mie pagine social ieri sera dopo la mia partecipazione al programma Dritto e Rovescio su Rete4. Ogni tanto ne prendo qualcuno cari amici, perché voglio rendervi partecipi del prezzo che si paga come giornaliste, donne in prima linea con tutto il proprio background di diversità. Quanto può costare contrastare una narrativa che vuole rappresentare il migrante solo come clandestino, parassita, spacciatore, criminale. Quanto possa essere indigeribile e insopportabile per i razzisti e i nuovi sovranisti, non solo vedere migranti che sbarcano, ma anche chi come me, figlia di migranti ma oggi donna ben integrata, inserita nel suo lavoro, consapevole, sicura, e cosciente della sua identità anche italiana.
La verità è che per i razzisti l’incubo peggiore è veder realizzarsi una piena integrazione. Quello che ho potuto capire dal tanto odio che ogni volta si riversa sulle mie pagine, è proprio questo. Non mi si perdonano quella che chiamano “arroganza” di poter partecipare alla pari a un pezzo di vita: il mio lavoro, che consiste come giornalista, nel raccontare fatti, interpretarli e analizzarli nella libertà intellettuale che ogni giornalista italiano ha.
Io non posso.
Le minacce e gli insulti che arrivano, hanno al centro le mie origini, sempre.
Chi sei tu? Tornatene al tuo paese…Lotta per il tuo paese…Non farci la morale… e perché a casa tua invece…? Parla per te… non sarai mai italiana. Sei solo un’immigrata che difende i migranti…
È un disco rotto ormai che si ripete in ogni occasione, perché per costoro una persona come me, non ha diritto a sentirsi parte di questo paese, non solo amandolo ma anche criticandolo. Si è accettati solo come vittime passive, altrimenti la violenza insieme all’odio si attiva per ricordarti il posto a te designato: un ospite indesiderato.
Un esercito di leoni da tastiera si è riversato ieri sera sulle mie pagine social, con insulti indicibili e minacce via posta, perché ancora una volta, ciò che è insopportabile per questi signori, è che una donna, libera, indipendente, italiana, di origine straniera, con carnagione ambrata, un background migratorio, femminile – possa dire la sua senza paura, ma con convinzione e a testa alta. Non c’è insulto che non metta in evidenza la discriminazione alla mia persona con riferimento alla mia nazionalità di origine, il mio genere e la mia diversità.
Ecco, tutto questo la dovrebbe dire tutta sul contesto in cui persone come me, cercano di vivere, lavorare nel 2020.
Continuo a pensare che l’Italia è meglio di quello che con la violenza e le minacce volete farmi credere provando a rompere un pezzo alla volta ciò che ho costruito da quando avevo 8 anni, sempre in piedi, con fatica, sacrifici e sofferenza nella più ferma e nel tempo matura convinzione di una pacificata costruzione della mia identità come donna oggi, madre, giornalista di origine straniera e nuova italiana.