“Saviano col suo libro mi ha salvato la vita, è stato uno scudo anche per me. L’attenzione mediatica planetaria sul clan dei Casalesi, conseguente al successo di Gomorra, ha ridimensionato la protervia con cui i casalesi hanno portato a compimento indisturbati centinaia di omicidi. Io non sarei stata qui senza quel libro”. Lo ha detto la giornalista Rosaria Capacchione nel corso della sua testimonianza a Roma nel processo che la vede parte lesa, assieme alla scrittore, per le minacce rivolte in aula a Napoli nel 2008 durante un’udienza. Sul banco degli imputati, per minacce aggravate dal metodo mafioso, ci sono il boss dei clan dei Casalesi Francesco Bidognetti e gli avvocati Michele Santonastaso e Carmine D’Aniello. Nel processo sono parte civile la Federazione Nazionale e l’Ordine dei giornalisti della Campania. L’avvocato Giulio Vasaturo, che rappresenta la Fnsi, a conclusione dell’udienza, cui era presente anche il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, ha spiegato: “Rosaria Capacchione ha visto mutare radicalmente la sua vita personale e professionale a causa del proclama di morte letto in aula dagli avvocati dei boss dei Casalesi nel corso del processo Spartacus. È stata una testimonianza molto toccante. Per troppo tempo, questa giornalista coraggiosa è stata lasciata sola in un territorio di frontiera. Oggi in aula, al suo fianco, c’erano idealmente tutti i cronisti con la schiena dritta”.
(nella foto Rosaria Capacchione)