Ancora non si sono spenti i fuochi delle proteste negli Usa per l’ennesima violenza contro i “coulored”. Dalle immagini si capisce perfettamente che il poliziotto non aveva alcuna motivazione di sicurezza per strangolare Floyd, in quanto sarebbe bastato che gli altri tre poliziotto avessero messo le manette, nei lunghi nove minuti di agonia. Ma purtroppo non si tratta soltanto di violenza USA, contro gli afro-americani. Analoghe vicende vi sono purtroppo registrate anche “nel bel paese dove il sì suona”. Il caso Cucchi è forse soltanto la grave punta di un iceberg dei mille eventi mondiali di violenza: dal poliziotto che “ci prova” con la bella ragazza al pestaggio mortale, si tratta di effetti del medesimo problema, innato con il delirio di onnipotenza che spesso coglie gli umani. Possiamo immaginare cosa accade nei tanti paesi con deficit di democrazia, dalle teocrazie alla Corea del Nord, passando per Cina e Russia.
Anche le efferatezze razziste del nazismo, in ogni livello di quel potere, furono ingigantite dall’enorme piacere che dà, a molti, il poter disporre delle vite degli altri. Ma anche soltanto un pur piccolo potere; dai capi di stato, scendendo sino ai capi di condominio, se non ai bidelli, il brivido del potere prende facilmente gli umani, specialmente per diventare esecutori di quella “banalità del male” di cui nessuno può ritenersi immune. La discriminante tra le dittature e le democrazie si può determinare solo nell’esito legale delle violenze praticate da uomini di potere. Purtroppo le vicende, anche italiane, di copertura per delitti di rappresentanti del potere, vicende dove le democrazie non si sono molto distinte dalle dittature, ci fa pensare che la “banalità del potere” è più pericolosa anche di ogni dittatura, perchè stravolge il patto istituzionale. Qualche giorno fa segnalavamo la necessità di salvare il cinema d’autore; sull’argomento potrebbe essere di grande ausilio la visione del film “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri, con Gianmaria Volontè.