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Altro che “Bamboccioni”, questi sono bravi

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In scena al Teatro dei Servi di Roma fino al 4 novembre, “Bamboccioni, che noia il posto fisso”, scritto e diretto da Roberto D’Alessandro, è certamente una di quelle commedie da non perdere, anzi da appuntare sul taccuino delle occasioni culturali capitoline che riescono a trattare temi sociali di grande attualità usando una comicità intelligente, benfatta…sana.

Mettiamo volutamente l’accento su “sana” perché, per fortuna, la risata conserva ancora un suo preciso valore terapeutico, soprattutto in tempi dalla facile esasperazione di malumori e problematiche sociali, in cui si sfoggiano cronache dei ‘delitti e delle pene’ ad ogni occasione, spesso in palinsesti televisivi ‘sinottici; tutte le fasce orarie.

Il riferimento diretto del termine ‘bamboccioni’ con la precarietà e con il ‘mammismo’ tipicamente italiano oggi è paradossalmente condiviso ed usato con naturalezza, ma sarà bene ricordare che l’esordio di questo scivolone, ad opera dell’allora ministro dell’Economia Padoa-Schioppa  – era l’ottobre del 2007 – scatenò una bufera di polemiche indicibili, esasperate, due anni dopo circa, dal rilancio di Renato Brunetta.

E l’attento drammaturgo Roberto D’Alessandro, allievo di Proietti che ha saputo indirizzare bene gli sguardi dei discepoli sulle maschere dell’attualità, non poteva farsi sfuggire la golosa occasione di parlarne, ma col suo personale stile, ironico e tragico al contempo, pennellato di poesia, asciutto, efficace.

L’autore, di questi ‘bamboccioni’ scava tutti i significati, anche quelli che oggi sembrano distanti dal ‘precariato’ vero e proprio: belloccio, ma poco intelligente, infantile, viziato, vivacemente in sovrappeso, una sorta di ‘bambolotto di pezza’ incapace di staccarsi dalla figura materna…sempre presente con personalizzati trilli di telefono.

Allora i tre bamboccioni di Roberto D’Alessandro (in scena lui stesso con un efficacissimo Enzo Casertano e con Giuseppe Alagna) riassumono tutte le sfumature possibili del termine e lo rendono una figura amica, amabile in virtù della comicità esilarante, ma anche della poesia che li accompagna.

La storia parte dalla condivisione di un appartamento assegnato ai tre dal sindaco della città affinché possano introdursi nel mondo del lavoro, nonostante l’età’ matura. Ad Anton Giulio, Gianni Alberto e Antonino, questi i nomi dei protagonisti,  il primo cittadino chiede in cambio dell’abitazione gratuita solo qualche ora di attività nel sociale. La loro convivenza, esilarante fin dalle prime, li porterà a conoscersi meglio e a dividere spazi ed emozioni con altri due singolari personaggi: Lucida (Maria Cristina Fioretti), una prostituta con problemi di alcolismo e Nevio (uno straordinario Franco Barberio), vocato alla vita da barbone.

Nella “mise-en-scene”, la coppia D’Alessandro-Casertano è certamente vincente. Moderni Toto’ e Peppino, riescono a conquistare il pubblico per tempi comici perfetti e singolare empatia. Colpiscono per naturalezza e generosità, lontani dall’autocompiacimento ricorrente nelle ultime generazioni di attori.

Giuseppe Alagna, appena più debole degli altri, si cala bene nel personaggio di Antonino, di cui sa cogliere timidezza e dubbi celati dietro la spocchiosa maschera del campione di calcio.

Bravala Fioretti, nei panni di Lucida. Peccato che non osi maggiormente (pur avendone tutte le capacità) in virtù della ricchezza interpretativa offertale dal personaggio: un ruolo nostalgicamente poetico, forgiato sulla carta quasi per una Magnani o una matura Miranda Martino.

Per l’astigiano Franco Barbero, specialista dei ‘caratteri’, Nevio è ancora l’occasione per regalare al pubblico una straordinaria “prova dell’arte”, quella che consacra la comicità farsesca più nobile calandola in una atmosfera dai contorni vividi pur nel poetico astrattismo. Come figura di un bassorilievo, Barbero esce con gentilezza dal quadro di marmorea comicità della rappresentazione (perfettamente intagliata da D’Alessandro) occupando l’aria con una energia dal sapore antico, figlia di un candore surreale che prima di lui, e con lui, è stata solo di Macario.

“BAMBOCCIONI”   dove e quando:

al Teatro dei Servi a Roma fino al 4 novembre
al Teatro Martinitt a Milano, dall’8 al 28 novembre
al Teatro Sociale di Segrate, Milano,  1 dicembre
al Teatro Traiano di Fiumicino, 12 e 13 gennaio 2013


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