Il solito becerume destroide ha detto e scritto cose sulle quali non intendo soffermarmi. Non si tratta, infatti, di riflessioni ma di rigurgiti viscerali con i quali non si può e, soprattutto, non si deve perdere tempo, se non quello necessario a indignarsi e a ringraziare Iddio di non essere come loro.
Proprio sul concetto di Dio e di fede intendo, invece, ragionare. Da agnostico quale sono, non ho titoli per entrare nel merito delle questioni religiose ma il punto, nel caso specifico, è di carattere squisitamente politico e sociale. Silvia “Aisha” Romano parrebbe essersi convertita all’islam nel corso della sua prigionia: ebbene, non solo la notizia non mi offende ma accresce ancora di più la mia stima, già elevata, nei suoi confronti. Il fatto che una ragazza così bella, dolce, vivace e ricca d’amore per il prossimo, in un contesto disperato, sottoposta a continui spostamenti e lontana dall’affetto dei suoi cari, non abbia mai provato odio nei confronti dei carcerieri ma, al contrario, abbia voluto leggere il testo sacro della religione che loro infamano mentre lei ha deciso di onorare rende l’idea della statura morale del personaggio. Aisha è una figura gigantesca. Nel momento di massima difficoltà, ha saputo trovare dentro di sé un oceano d’amore. Al cospetto della profanazione di un Dio e di una religione, si è avvicinata a quello stesso Dio e a quello stesso credo e ha deciso di abbracciarlo, con la curiosità, la passione civile e l’entusiasmo con cui ha sempre vissuto.
Al che, vien da interrogarsi su quanto abbia ragione un altro straordinario testimone di pace, animato da fede autentica, come papa Francesco quando asserisce che esiste un unico Dio variamente declinato: ognuno può chiamarlo come vuole e pregarlo nella maniera che ritiene più opportuna ma il Dio è uno ed è soprattutto un messaggio d’amore verso gli altri.
Quanto all’equiparazione dell’islam al terrorismo, non è solo indecente ma anche profondamente falsa. L’islam è una grande religione di pace, abbracciata da oltre un miliardo di persone nel mondo, e il fatto che alcuni fondamentalisti l’abbiano strumentalizzato, trasformandolo in un’ideologia di morte, non toglie assolutamente nulla ai suoi princìpi, ai suoi valori e alla sua predicazione all’insegna della convivenza e del rispetto reciproco.
Oltretutto, l’idea che non si possa essere contemporaneamente italiani e musulmani è quanto di più retrivo, disumano e anacronistico possa esistere. L’Europa, e naturalmente anche l’Italia, vive grazie all’unione delle sue diversità, grazie al suo essere un continente multiculturale e multietnico, grazie alla ricchezza di popoli e religioni differenti, grazie al suo sapersi prendere per mano anche nei momenti più difficili. E Aisha, da cittadina del mondo qual è, da alfiere di una globalizzazione fatta di persone e non solo di merci, di idee e non solo di fatturati e profitti, Aisha, con il suo sorriso, il suo velo e il candore con cui ha ammesso una scelta che dev’esserle sembrata la più naturale del mondo ha impartito a questo Paese impazzito, in alcuni segmenti marcio e incattivito come non mai, una lezione di bellezza d’animo che dovrebbe indurci a riflettere sulla cappa di meschinità che grava quotidianamente sulle nostre teste.
Quando vorrà raccontare la sua storia, saremo qui ad ascoltarla. Ora è giusto che si riposi, che trascorra più tempo possibile con la sua famiglia e che si immagini un futuro che, ne siamo certi, sarà meraviglioso per lei e per tutti coloro che avranno la fortuna di incontrarla.
Bentornata Aisha!
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21