Dopo l’ alert pubblicato sulla Piattaforma internazionale per la protezione del giornalismo che considera preoccupante passo indietro un atto dell’Avvocatura dello Stato presentato alla Corte Costituzionale
Il governo italiano è ancora favorevole all’abolizione della pena detentiva (attualmente fino a sei anni di reclusione) per i giornalisti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa, abolizione prevista da numerosi progetti di legge discussi dal parlamento negli ultimi venti anni? Il Consiglio d’Europa attende questo chiarimento che sarà fornito, se sarà ritenuto opportuno, attraverso i canali diplomatici, com’è previsto dalla procedura che regola la pubblicazione di alerts (segnalazioni) sulla sua Piattaforma per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti per segnalare in modo documentato comportamenti e fatti che appaiono lesivi della libertà di stampa e comportano la responsabilità di organi di uno dei suoi 47 stati membri.
A determinare l’attenzione per le vicende italiane è l’ alert formulato dall’Associazione dei Giornalisti Europei (AGE/AEJ) pubblicato il 5 maggio 2020 sulla Piattaforma. Questo alert giudica la “memoria” depositata lo scorso marzo dall’Avvocatura dello Stato presso la Corte Costituzionale. Questo atto afferma la legittimità dell’applicazione di questa pena segnando, a giudizio di alcuni, un passo indietro rispetto agli impegni assunti dall’Italia in parlamento e in sede internazionale. La segnalazione è stata inserita sulla Piattaforma (leggi) come un preallarme di minaccia alla libertà di stampa di secondo livello, proveniente da un organismo dello Stato e tale da produrre un effetto raggelante sulla libertà di informazione, .
“La memoria – si legge sulla Piattaforma – segna un passo indietro rispetto a una serie di iniziative legislative promosse in Parlamento per abolire la pena detentiva nei casi di diffamazione a mezzo stampa”. Si tratta dei progetti di legge in discussione dal 2001 in poi “in seguito a una forte pressione internazionale” e mai giunti all’approvazione definitiva. “La Corte europea dei diritti dell’uomo – ricorda la Piattaforma del Consiglio d’Europa – ha riscontrato che l’Italia ha violato l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in merito al mantenimento delle leggi che consentono la pena detentiva per diffamazione, con la sentenza del 2013 Maurizio Belpietro contro Italia e, più recentemente, in quella Sallusti contro Italia del marzo 2019”.
“Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e l’associazione Ossigeno per l’Informazione – prosegue l’alert – hanno protestato perché il memorandum presentato alla Corte costituzionale contraddice le passate assicurazioni dell’esecutivo di abrogare la legge che consente pene detentive; e la prospettiva di ulteriori ritardi ha un effetto raggelante (chilling effect) sul lavoro dei giornalisti e lascia senza adeguata protezione legale il loro diritto alla libertà di espressione”. Le prese di posizione di Verna, dell’Odg, della FNSI e di Ossigeno sono allegate all’alert pubblicato sulla Piattaforma.
La vicenda è sorta a margine dell’eccezione di legittimità costituzionale sulle norme che prevedono la pena detentiva per i colpevoli di diffamazione a mezzo stampa sollevata dal sindacato napoletano dei giornalisti (Sugc) in relazione a due processi in cui sono imputati due giornalisti passibili di questa pena. Nel giudizio presso la Corte Costituzionale è intervenuto come parte interessata anche l’Ordine nazionale dei Giornalisti. Il suo presidente Carlo Verna, opponendosi alla proposta di concludere il giudizio a porte chiuse, ha sollevato per primo il problema della posizione ambigua assunta dall’Avvocatura dello Stato e ha chiesto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, senza ottenere risposta, di chiarire la posizione del governo sul mantenimento della pena carceraria.
Carcere per i giornalisti. Consiglio Europa attende spiegazioni da Italia