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Rituale e sentimento nel frutto cinematografico di Victoria Yakubov: Olma Djon

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Sholpan ha sette anni e non ha mai parlato, suo padre Bolot prova ardentemente a comunicare con lei, pronuncia frasi semplici, incisive, usa gli oggetti come esempi a cui associare suoni da ripetere. I suoi sforzi sono vani. La madre di Sholpan, Sara, vive in un tempo più lento, in un’attesa fatta di gesti quotidiani e di cure casalinghe, i suoi sguardi e i suoi silenzi comunicano l’angoscia. Strade differenti condurranno gli adulti all’apice della crisi che risolveranno solo con l’aiuto dell’altro, dell’altrove, dell’oltre da sé.

È la sciamana che accompagna nel viaggio dentro i propri ricordi più profondi, lo sciamanesimo riveste un ruolo fondamentale nella tradizione del Kazakhstan. Bolot ritrova i sentimenti che lo legano alla sua terra e ai suoi antenati, in un abbraccio consolatorio con l’anziana madre scomparsa che torna e gli dona il coraggio di amare. Sara accede a una dimensione rituale e metamorfica, durante la notte risveglia una carica interiore liberatoria, femminile e danza attorno al fuoco accompagnata dal ritmo di un tamburo nel campo aperto circondata dai meli. Il climax del film conduce alla riconciliazione della famiglia e alla prima parola pronunciata da Sholpan: ‘mamma’.

Olma Djon è un film che come un frutto piccolo e succoso trattiene in sé tutto il sapore e consente di avvicinarsi al senso di una tradizione culturale e di una terra in bilico tra natura e folklore. I protagonisti si muovono nelle vicinanze della loro casa immersa in un lungo campo di meli innevato, circondato dalle montagne. Gli alberi hanno un’anima che risuona di voci lontane e campanelli e ascoltano, seguono, accompagnano il fare degli uomini.

C’è un tempo, senza parole, che sembra infinito. Il rumore della valle, lo sgocciolare della neve, la legna spaccata, il crepitio della verdura sotto il coltello, un sussurrare. Il suono ha un ruolo privilegiato: è come un respiro, a volte, altre una corsa, una melodia della dombra e del tamburo a cui fa eco il montaggio che ritma l’equilibrio nei momenti di quiete e di movimento.

Un paragrafo dedicato merita la fotografia con il sublime bilanciamento del colore e l’uso di luci e ombre. Il rosso, il bianco e il nero, in una rigogliosa gamma di sfumature, consegnano alla visione l’esperienza delle qualità della materia: la neve e il fuoco, la terra e il cielo.

Olma Djon è un film del 2019 diretto da Victoria Yakubov e presentato al pubblico italiano nel 2020 durante la settima edizione del Torino UnderGround CineFest. Si è aggiudicato il premio per la miglior fotografia.

Trailer

https://vimeo.com/241481054

OLMA DJON / LOVE APPLE
Un film di Victoria Yakubov, 72’
Olma Djon Productions
Francia/Kazakhstan 2019

Victoria Yakubov, regia, sceneggiatura, produzione
Herve Schneidt, montaggio e produzione
Iskander Narymbetov, fotografia

Natasha Mashkevich, la madre Sara
Aziz Beyshenaliev, il padre Bolot
Aysha Berikkizy, la figlia Sholpan

http://olmadjonfilm.com/


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