Quarant’anni senza il genio di Alfred Hitchcock, senza la sua grandezza visionaria, senza le sue intuizioni che hanno rivoluzionato la storia del cinema e modificato per sempre il nostro immaginario.
Quarant’anni senza la sua arte e vien da chiedersi quante idee gli sarebbero venute in mente in una fase tremenda come quella che stiamo attraversando. Vien da chiedersi come avrebbe rappresentato uno stato di crisi che sembra, per l’appunto, tratto da uno dei suoi film, in un contesto distopico, da fine del mondo, angosciante quanto le immagini de “Gli uccelli”, violento come non mai, feroce nella sua brutalità.
Hitchcock avrebbe saputo narrare, persino con leggerezza, anche una vicenda come questa, ne avrebbe saputo estrarre l’anima, l’avrebbe saputa innervare di personaggi indimenticabili, l’avrebbe resa attraverso un sapiente gioco di sguardi, di emozioni e di sensazioni, ponendo lo spettatore al centro della scena e dell’evento narrato. Del resto, se dobbiamo cogliere le caratteristiche essenziali della sua produzione cinematografica, notiamo che è stato il regista degli stati d’animo, colui che più e meglio di altri ha saputo riflettere sulla doppiezza degli esseri umani, sulle emozioni travolgenti, sull’angoscia che pervade la nostra società in ogni epoca.
Un regista complesso, intenso, capace di funzionare a meraviglia sia in Europa che in America, di realizzare dei veri e propri affreschi sociali e di non dare mai nulla per scontato, con un’attenzione ai dettagli che finiva col calare i personaggi nel contesto, lasciando che fosse la storia a narrarsi e quasi a travolgere i protagonisti.
Una vita spesa per il cinema, la sua, una vita in battaglia, sempre in contrasto con il totalitarismo e il suo costante spettro, sempre in difesa dei diritti, sempre tesa a denunciare la malvagità umana ma, al contempo, a esaltare le virtù delle persone, senza mai scadere né in un eccesso né nell’altro.
Se dovessimo scegliere l’interprete ideale del Ventesimo secolo, Hitchcock sarebbe uno dei candidati più autorevoli, proprio perché ha saputo cogliere le molteplici sfaccettature del nostro modo di essere e non si è mai lasciato andare a frasi fatte e luoghi comuni.
Quarant’anni fa ci ha detto addio e da allora la voragine che si è lasciato dietro non è stata colmata. Del resto, di personalità del genere ne nascono davvero poche, forse una ogni secolo, e l’amarezza odierna è sapere che purtroppo ne siamo sprovvisti.
In conclusione, è doveroso sottolineare che fra le peculiarità di Hitchcock c’era il continuo desiderio di porre gli spettatori davanti allo specchio, rifuggendo ogni sorta di populismo e non cedendo mai alla piaggeria. In questo senso, era un intellettuale a ventiquattro carati: una categoria, ahinoi, sempre più rara.
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