La Giornata mondiale della libertà di stampa deve spingerci a dar voce ai colleghi che in alcuni Paesi dell’America Latina, penso al Brasile e al Messico, come in Africa e in Asia, pagano con la vita il loro impegno al servizio dei cittadini. Quest’anno, in particolare, la Federazione nazionale della Stampa italiana, in piena sintonia con la Federazione internazionale dei giornalisti, vuole dedicare il 3 Maggio ai colleghi che in Ungheria stanno subendo un vero e proprio bavaglio di Stato.
Da oggi parte una staffetta ideale, alla quale ha già aderito Articolo 21, aperta al contributo di quanti hanno a cuore i temi delle libertà e dei diritti.
La situazione ungherese, già da tempo all’attenzione delle autorità europee, è diventata ancor più preoccupante dopo che, con il pretesto dell’emergenza Covid-19, il presidente Viktor Orban ha chiesto e ottenuto dal Parlamento i pieni poteri sine die. Un passaggio che pone l’Ungheria definitivamente fuori dal contesto delle democrazie liberali europee e sul quale la stessa Unione Europea si è distinta per una reazione fino a questo momento timida.
I pieni poteri consentono di fatto al presidente Orban di regolare i conti con la stampa, da sempre considerata nemica, e con quei settori della società civile che hanno a più riprese stigmatizzato la deriva illiberale e autoritaria del Paese. Il caso ungherese riguarda tutti i giornalisti europei. E non soltanto per mero spirito di solidarietà. Il bavaglio di Orban è affare nostro perché il suo è un modello al quale guardano con interesse e favore altri Paesi europei. Dalla Polonia all’area balcanica. Senza dimenticare l’Italia. Dove c’è chi sogna di emulare Orban e gli attacchi alla libera stampa, i tagli e le minacce ai cronisti sono fenomeni sempre attuali.