In questi giorni è passata quasi inosservata la notizia che l’inverno appena trascorso è stato, soprattutto per l’Europa, il più caldo da sempre. Oltre 3 gradi superiori alla media. Nell’immediato l’aumento di energia termica ha forse determinato una riduzione dell’inquinamento, riducendo i consumi per il riscaldamento, continuando il trend, questa estate invece raggiungeremo picchi di consumi energetici da record, per l’incremento dell’uso dei condizionatori, per cui si possono ipotizzare anche dei black out, quando torneremo alla normalità.
L’emergenza che stiamo vivendo ha certamente ridotto l’attenzione sui grandi temi di interesse mondiale, quali le guerre, la fame (sempre alle guerre collegata) e la tragedia climatica. La ineffabile Greta Tumberg sembra un personaggio del passato remoto. In realtà i tre temi di: guerre, fame e clima hanno lo stesso valore di sempre e soprattutto la stessa motivazione: l’interesse economico di uomini senza scrupoli, spesso ignoranti.
Ma forse si potrebbe dare una soluzione ai tre problemi partendo dall’ultimo: le guerre e la fame sono in parte causa dei cambiamenti climatici che creano povertà e tensioni nelle zone più sensibili del pianeta e anche epidemie (la malaria supera i morti di COVID 19). Certo il volano della guerra è il traffico di armi, che spesso è collegato a quello della droga, ciò da sempre, anche prima dell’affaire “Iran-Contras” (anni ’80). Ma l’equazione guerra = business è favorita da un grande coefficiente: la mancanza di risorse, anche alimentari.
Bisogna attuare urgentemente soluzioni che ricreino l’equilibrio del clima, dando priorità a quelle che non incidono sulle produzioni industriali, perché le resistenze dell’industria potrebbero portare a ritardi quasi secolari. Le soluzioni universalmente riconosciute, da ambientalisti e negazionisti (questi non pochi e potenti), sono quelle del recupero delle aree verdi e di quelle umide, soprattutto nelle aree più calde del pianeta ed in quelle a rischio desertificazione (Sicilia compresa). Dovremmo risolvere urgentemente il problema climatico partendo dalla semplice considerazione che l’emergenza Covid ci ha portato: siamo tutti sulla stessa barca. Bisogna cambiare rotta, per salvare noi, poveri passeggeri. Dovrebbero capirlo equipaggio e comandanti (burocrati e politici).