In queste settimane l’epidemia di Coronavirus sta mettendo a dura prova la tenuta sociale del nostro Paese. L’emergenza visibilissima di settori nevralgici come quello della sanità e, subito dopo, dell’economia, rischia di lasciare nell’ombra crisi sociali che rischiano di esplodere con evidenza e conseguenze maggiori di quanto accaduto finora.
E se la paura non sta soffocando la solidarietà per il prossimo, non sta però agendo come una livella sociale: chi era ai margini lo è ancora, e aggiunge alla sua ordinaria condizione di precarietà anche quella di un’esposizione al rischio di contagio sicuramente maggiore. Con effetti deflagranti anche dal punto di vista psicologico.
Tra le prime, e poi troppo presto già dimenticate, situazioni di estrema emergenza e precarietà c’è quella delle carceri italiane, che pagano il prezzo del venir meno di un ordine normale delle cose, di provvedimenti restrittivi che hanno acuito la sofferenza di chi è recluso e causando rivolte e morti in tutta Italia.
L’informazione su quanto accade tra le mura delle carceri, dopo un primo momento di massima attenzione, è ormai inesistente. Ma quanti si sono chiesti perché i detenuti di tutt’Italia sono in rivolta?
Certo, c’è la paura di contagio per il coronavirus e la paura, in chi ha una limitazione dello spazio di movimento, diventa una terribile angoscia, ma anche in questo caso vi è di più. La crisi connessa al coronavirus ha solo scoperto un nervo che ora è quantomai dolente. Da anni in molti stiamo chiedendo una riforma dell’Ordinamento Penitenziario che è stata procrastinata da tutti i Governi. Intanto le carceri si affollavano e prendeva corpo nella società una visione spregiudicata che tendeva a presentare la sanzione penale e il carcere come gli antidoti ad ogni male. È su questa base ideologica che alcune pene appaiono non rispettose del fondamentale principio di proporzionalità, come denunciato anche da Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale. Rese spropositate, se ne introducevano di nuove spesso tramite decreti, si perdevano di vista principi fondamentali, e cioè che il carcere deve essere l’extrema ratio e la pena deve tendere alla rieducazione. Risultato? Gli Istituti penitenziari si gonfiavano all’inverosimile rendendo, di fatto, la situazione ingestibile. A nulla erano valsi i moniti e le Sentenze della CEDU (la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) che ci imponevano di seguire un principio di dignità nel trattamento del detenuto.
Così oggi siamo al manifestarsi del problema in tutta la sua drammaticità. Si badi, quegli uomini che abbiamo visto sui tetti delle carceri di mezz’Italia, non sono un corpo separato dalla società. Il carcere è una questione sociale e le immagini dei detenuti in rivolta ci hanno restituito per intero la fotografia della condizione del rispetto dei diritti nel nostro Paese. Viene da chiedersi: è veramente questo il modello di società che vogliamo? Un modello in cui si rimane indifferenti ad un grido di aiuto così evidente?
Ed allora crediamo che a queste domande abbiamo il dovere di dare risposte molto concrete.
Per questo chiediamo innanzitutto al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di rivedere la sua posizione sull’indulto, che in questo momento sarebbe una misura di civiltà giuridica che porrebbe freno alla condizione inumana in cui i detenuti versano. Il decreto recentemente adottato per l’emergenza Coronavirus non basta, incide solo su una posizione molto ridotta, perché riguarda chi deve scontare ancora 18 mesi. Occorrerebbe anche non far dipendere, se non quando è strettamente necessario, dal braccialetto elettronico l’effettiva detenzione domiciliare ed estendere a quanti più soggetti possibile la liberazione anticipata e, con la collaborazione dei comuni, provvedere a dare un domicilio a tutte le persone detenute che ne sono prive.
Gli chiediamo di considerare con urgenza l’ipotesi di una legge sulle misure alternative, che le potenzi, le sviluppi e le favorisca.
Inoltre crediamo che occorra riformare gli Uffici di Sorveglianza, troppo spesso lenti, anzi lentissimi. Questa lentezza si traduce in una sostanziale violazione dei diritti dei detenuti. È necessario scarcerare chi, anche come residuo di maggior pena, si trova nella condizione di dover espiare pochi anni. Ciò favorirebbe il reinserimento nella società. Inoltre in questo periodo di emergenza sanitaria massima, sarebbe necessario non eliminare, semmai ridurre i colloqui, predisporre delle dovute cautele, e consentire che siano effettuati grazie a vetri di protezione. Ma non basta. La tutela della salute in carcere è una vera chimera. I detenuti sono in rivolta perché questo lo sanno bene. Bisogna che ogni Istituto Penitenziario, grazie al contributo delle Aziende Sanitarie Locali, si doti di Presidi Sanitari Interni con un alto grado di efficienza. Ovviamente per attuare un piano del genere, serve che le Regioni prevedano risorse adeguate e straordinarie.
Non ci arrendiamo. Non accettiamo l’idea che il principio di solidarietà debba essere espunto dal nostro contratto sociale. Crediamo in un Giustizia dal volto umano, come il Presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ha più volte affermato.
No, non ci arrendiamo alla distruzione dell’idea stessa di civiltà giuridica.
I firmatari
Padre Alex Zanotelli
Sergio D’Angelo
Gaetano Di Vaio
Don Franco Esposito – Direttore Diocesano Pastorale Carceraria di Napoli
Don Alessandro Cirillo – Casa di Tutela Attenuata, Eboli
Don Giovanni Liccardo – Carcere di Poggioreale, Napoli
Don Massimo Giglio – Carcere di Poggioreale, Napoli
Don Giovanni Russo – Carcere di Secondigliano, Napoli
Don Rosario Petrone, Diacono Casa Circondariale di Salerno
Don Aniello Tortora – Vic. Ep. Carità, Nola
Don Carlo De Angelis – ex Carcere Lauro, Nola
Alfredo Guardiano
Antonio Cavaliere
Sergio Moccia
Paolo Mancuso
Nino Daniele
Dino Falconio
Maurizio de Giovanni
Francesco Barra Caracciolo
Aurelio Cernigliaro
Maddalena Ciaccia
Marialuisa Firpo
Giuliano Balbi
Eugenio Lucrezi
Roberto Giovene di Girasole
Desirée Klain
Vincenzo Lomonte
Francesco Forzati
Corrado Ambrosino
Gennaro Marasca
Rosita D’Angiolella
Corrado D’Ambrosio
Alfredo Contieri
Aldo De Chiara
Stefano Valanzuolo
Marinella Pomarici
Umberto Ranieri
Angela Iannuzzi
Alessia Di Taranto
Roberto Pali
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