BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La vita è insignificante se non si può pensare in due. Amori, fortune e disgrazie di un genio: la “Curie” di Marie Noëlle

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Maria Salomea Sklodowska è una giovane donna quando, insieme al marito, Pierre Curie, riceve per la prima volta il premio Nobel. Lo riscuote per aver scoperto come sia possibile curare il cancro attraverso l’uso della radioattività. Il sodalizio con il marito è un forte legame che si basa sull’esperienza comune del lavoro in laboratorio, sulla passione per una ricerca che diviene il fine stesso della esistenza. Ma non è mai fine a se stessa. Vi è in questo agire all’unisono qualcosa che va oltre il desiderio di conoscenza, qualcosa che diviene fonte di crescita interiore, che volge l’amore e l’affetto in potenza dirompente, in una pazzia – così Marie la definirà – dove il genio si fa visione e sogno dentro un ecosistema creativo in grado infine di materializzare il pensiero per farne strumento. E la partecipazione al progetto di Marie e Pierre dà significato alle radiazioni che piano piano stanno già consumando i due ricercatori. Quando Pierre morirà in un banale incidente stradale, sublimato in un lungo e, forse, troppo aulico, piano sequenza dove la fotografia si scioglie in un controluce dai colori pastello, Marie troverà la forza per proseguire il suo sogno, per essere una madre attenta e una insegnante scrupolosa, pur nell’incredulità generale di un tessuto sociale e accademico, maschilista, misogino, incapace di credere al suo lavoro.

Il film di Marie Noëlle mette in evidenza gli anni che trascorrono tra il primo Nobel vinto dalla scienziata con il marito nel 1903 e il secondo, otto anni più tardi, dove invece sarà lei sola, combattendo anche contro il bigottismo borghese e razzista, a raccogliere i frutti di una ricerca mai interrotta. Inadeguata a fingere e figlia di un positivismo che ben è rappresentato dal padre polacco capace di giustificare l’affermazione di Marie, «ma allora Gesù è un Babbo Natale per adulti», con un sorriso, porterà all’estremo questa sua libertà, fino a legarsi in una relazione clandestina con il matematico Paul Langevine, suo collega e collaboratore, ma padre di famiglia. Relazione che in qualche modo metterà in pericolo addirittura l’assegnazione del premio a Stoccolma e la costringerà a un duro scontro con i giornalisti e l’opinione pubblica francese, la stessa che qualche anno prima, con risultati ben più drammatici, aveva messo alla berlina Richard Dreyfus, lei colpevole di essere donna e di essere sensuale, lui di essere ebreo.

Noëlle ha una regia solida pur senza guizzi e basa la sceneggiatura del film su indagini approfondite nei giornali dell’epoca, sul libro mastro del laboratorio ma soprattutto sulle lettere e sui diari della ricercatrice che, ancora radioattivi e potenzialmente pericolosi, oggi possono essere consultati alla Bibliothèque Nationale di Parigi solo dopo la firma di una liberatoria. Il film, girato in una scenografia elegantissima avvolta da una atmosfera tardo liberty ci racconta più della vita interiore di un genio che non della strada percorsa per diventarlo e anche l’incontro tra Marie e Albert Einstein, uno dei momenti più divertenti del film, è visto in una chiave intimista, dove l’intesa intellettuale che si può creare solo tra menti diverse, diventa un flirt straordinario, non privo di tenerezza nella scoperta di una normalità che pare impossibile se si trattano temi così alti.

In pochi anni, durante la seconda metà dell’Ottocento, l’ideale femminile si era evoluto dalla visione melanconica dei Preraffaelliti, attraverso la sublimazione della bellezza terribile cantata nei poemi di Baudelaire, in un nuovo immaginario che lo incarnava nella femme fatale. Marie Curie nella sua totale lontananza dall’ipocrisia, nelle sue crisi, nella sua gracile forza ma anche nella consapevolezza di un valore che non deve essere dissipato, nel desiderio di essere riconosciuta, diventa allora la donna della modernità, una fragile femme fatale al cui fascino si soccombe come di fronte a un mare in tempesta, all’abisso più profondo, alla luna più splendente.


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