E l’allarme: “sento pericolosi discorsi populisti da anni ’30”
Di Pino Salerno
Da Bari papa Francesco solleva il grido di dolore e di speranza dei paesi del Mediterraneo. Lo fa a conclusione della settimana di lavori di “Mediterraneo frontiera di pace”, l’incontro di riflessione e preghiera tra i 58 vescovi dei venti Paesi del Mediterraneo. E in 40mila hanno partecipato alla messa conclusiva celebrata dal papa. “Questo mare – ha detto il pontefice nel discorso conclusivo dei lavori dei vescovi – invita i popoli e le culture che vi si affacciano a fare memoria di ciò che li accomuna e a rammentare che solo vivendo nella concordia possono godere delle opportunità che questa regione offre”. Una regione “insidiata da focolai di instabilità e di guerra” da quei Paesi che “nelle convenzioni internazionali parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi in guerra: questa si chiama grande ipocrisia”. La guerra, quindi, è “un’autentica follia perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umani ed economiche. E’ una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare”. Un vero “fallimento di ogni progetto umano e divino”, ha ribadito con forza il pontefice.
Di fronte a tutto questo, allora, solo la costruzione della pace, che la Chiesa e ogni istituzione civile devono sentire come priorità “ha come presupposto indispensabile la giustizia. Essa è calpestata dove sono ignorate le esigenze delle persone e dove gli interessi economici di parte prevalgono sui diritti dei singoli e della comunità”. A farne le spese allora sono “quanti fuggono dalla guerra in cerca di una vita degna dell’uomo”. Un fenomeno che inevitabilmente “segnerà profondamente la regione mediterranea e per cui gli Stati e le stesse comunità religiose non possono farsi trovare impreparati”, ha continuato nel suo discorso il pontefice. Un discorso che ha ricordato come il senso di paura “porta ad alzare le proprie difese davanti a quella che viene strumentalmente dipinta come un’invasione. La retorica dello scontro di civiltà serve solo a giustificare la violenza e ad alimentare l’odio”.
La comunità internazionale, allora, secondo il papa non deve fermarsi agli interventi militari, come fa, ma “costruire istituzioni che garantiscano uguali opportunità e luoghi nei quali i cittadini abbiano la possibilità di farsi carico del bene comune”. Da Bari, allora, si solleva un’invocazione forte ai governi, affinché essi tutelino “le minoranze e la libertà religiosa” perché è inaccettabile che “chi cerca speranza per mare muore senza ricevere soccorso o che chi giunge da lontano diventi vittima di sfruttamento sessuale, sia sottopagato o assoldato dalle mafie”. L’unica soluzione, ribadisce, è l’accoglienza e una dignitosa integrazione. Un percorso difficile che non si può affrontare “innalzando muri”. Il Mediterraneo, allora, rappresenta una straordinaria potenzialità: “Non lasciamo che a causa di uno spirito nazionalistico, si diffonda la persuasione contraria, che cioè siano privilegiati gli Stati meno raggiungibili e geograficamente più isolati. Solamente il dialogo permette di incontrarsi, di superare pregiudizi, di raccontare e conoscere meglio se stessi. Se viene assicurato alle nuove generazioni l’accesso alle risorse, queste sono poste nelle condizioni di diventare protagoniste del loro cammino: allora si rivelano linfa capace di generare il futuro e speranza”.
Il pontefice, poi, durante la messa e durante l’incontro con i vescovi nella Basilica di San Nicola – che gli hanno consegnato un documento unitario con le loro proposte alle tante emergenze dell’area mediterranea – esprime ancora una volta la sua preoccupazione per i populismi. In un passo ‘a braccio’ del suo intervento nella Basilica di San Nicola, a Bari, a conclusione dell’Incontro dei vescovi del Mediterraneo “frontiera di pace”, promosso dalla Cei, papa Francesco esprime una delle sue preoccupazione ricorrenti, di fronte a derive propagandistiche e ideali che per lui non promettono nulla di buono. E nel suo discorso, che coincide con la consegna da parte dei presuli del ‘Mare nostrum’ riuniti nel capoluogo pugliese – “capitale dell’unità”, l’ha definita, avendola già visitata il 7 luglio del 2018 – delle loro conclusioni e proposte dopo quattro giorni di confronto sulle tante emergenze dell’area, ha fatto un’analisi profonda, esaustiva di problemi e conflitti di questa che “rimane una zona strategica, il cui equilibrio riflette i suoi effetti anche sulle altre parti del mondo”. E nella messa con 40 mila fedeli in Piazza Libertà, dove stringe la mano a Sergio Mattarella (mentre Giuseppe Conte ha rinunciato per l’emergenza coronavirus), scandisce che “il culto a Dio è il contrario della cultura dell’odio”. L’ultimo richiamo, all’Angelus prima di ripartire per Roma, è per Idlib. “Sull’altra sponda di questo mare, in particolare nel nord-ovest della Siria, si consuma un’immane tragedia”, ricorda, elevando “un forte appello agli attori coinvolti e alla comunità internazionale, perché taccia il frastuono delle armi e si ascolti il pianto dei piccoli e degli indifesi; perché si mettano da parte i calcoli e gli interessi per salvaguardare le vite dei civili e dei tanti bambini innocenti che ne pagano le conseguenze”.