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Turchia, assolti Kavala e altri 8 imputati del processo per Gezi Park. Restano accuse per il giornalista Can Dundar

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AGGIORNAMENTO DELLE 19

Osman Kavala dopo essere stato assolto dal processo per le proteste di Gezi Park resta in carcere per un nuovo ordine d’arresto emesso nell’ambito di un’altra inchiesta, quella sul fallito colpo di Stato del 15 luglio 2016. Se ancora fosse necessaria una conferma, oggi è sotto gli occhi di tutti: lo Stato di diritto in Turchia è morto.

Una decisione storica che ci auguriamo sia solo il primo passo verso un nuovo corso in Turchia. Il tribunale di Istanbul che doveva esprimersi sulla scarcerazione degli imputati del secondo processo sui fatti di Gezi Park del 2013 ha assolto oggi nove imputati tra cui l’imprenditore e filantropo Osman Kavala, che torna libero dopo due anni e mezzo di carcere.
Tra i primi commenti quello di Sergey Lagodinsky, presidente della delegazione del Parlamento europeo alla commissione parlamentare mista Ue-Turchia.
“È un grande sollievo e sono felice per Osman Kavala e tutti gli altri imputati, i loro amici e le loro famiglie – ha dichiarato Lagodinsky – Se un giorno temi di essere tenuto in prigione per il resto della tua vita e il giorno successivo sei libero, posso solo immaginare quanto sia emotivamente forte quello che si prova. In effetti, oggi è un giorno molto emozionante per molte persone che hanno seguito questo processo. Allo stesso tempo, il mio pensiero va ai tanti altri cittadini e giornalisti imprigionati un Turchia”. Parole che sentiamo di condividere pienamente.
Kavala e altri 15 esponenti della società civile turca erano stati rinviati a giudizio lo scorso anno con l’accusa di aver cercato di rovesciare il governo all’epoca guidato dall’attuale presidente Recep Tayyip Erdogan organizzando e guidando le proteste di Gezi Park nel 2013.
I giudici hanno ritenuto che non sussistessero “sufficienti prove
concrete” contro gli imputati, per i quali la procura aveva chiesto pene fino all’ergastolo. Per 9 di loro è dunque finito un vero e proprio calvario giudiziario che hanno in parte trascorso in cella.
Altri sette imputati, di un procedimento parallelo perché giudicati in contumacia, restano in attesa di un verdetto.
La sentenza, che ha sorpreso gran parte dei presenti in aula, è stata accolta da un lungo applauso in tribunale.
Lo scorso dicembre la Corte europea dei diritti umani aveva chiesto l’immediato rilascio di Kavala sancendo la grave violazione della detenzione per un arresto immotivato.
Le proteste di Gezi Park scoppiarono nell’estate del 2013 dopo che le autorità avevano decretato la realizzazione di un centro commerciale al posto di uno dei rari spazi verdi della città di Istanbul.
Nel corso delle settimane il presidio dei manifestanti crebbe a dismisura fino a spingere le autorità a intervenire con la forza. Negli scontri persero la vita 22 persone, mentre altre 5 mila furono arrestate.
Gli attivisti riuscirono comunque a salvare Gezi Park ma a un caro prezzo.
Centinaia di manifestanti e di esponenti della società civile furono arrestati e messi sotto processo con accuse che andavano dal tentativo di sovvertire l’ordine pubblico al terrorismo.
Su tutti la figura che più ha pagato per la paranoia di Erdogan un’autorevole voce turca e stimato interlocutore internazionale come Osman Kavala.
Prima che dai giudici, Kavala era stato accusato da Erdoğan in persona di aver cospirato contro di lui finanziando il movimento pacifico che nel 2013 animò una serie di manifestazioni di dissenso contro il governo, iniziate con il sit-in di una cinquantina di persone che si opponevano alla costruzione di un centro commerciale al posto del parco Gezi.
Cortei e dimostrazioni vennero repressi con la forza dalle squadre antisommossa della polizia.
Il rinvio a giudizio di tutti gli imputati era maturato sulla base di un’ordinanza di 657 pagine in cui comparivano anche i nomi dell’ex direttore di Cumhuriyet, Can Dündar, e del giornalista e opinionista Mehmet Ali Alabora, colpevoli di aver raccontato e commentato le proteste.
Leggendo l’atto di accusa era da subito apparso evidente che non ci fossero prove a sostegno della tesi del procuratore ma teorie senza base giuridica, elemento che aveva sollevato dubbi sul rispetto della giustizia turca delle norme internazionali ed europee.
L’inchiesta sul movimento di Gezi Park non è ancora chiusa, altri esponenti della società civile sono sotto processo. Per sette imputati il giudizio è sospeso.
Non perché siano responsabili delle proteste ma semplicemente per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione.
Un “clima di paura” teso a scoraggiare lo svolgimento di assemblee pacifiche e a imbavagliare i media, un bavaglio che continua a essere imposto dalle autorità in Turchia nel silenzio colpevole di un occidente che disattende, con la propria indifferenza, principi su cui ha bassato la propria struttura democratica.

Turchia


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