La storia di Rosario D’Amico l’avevamo raccontata diversi mesi fa sule pagine di questo portale. Un dramma che ha a che fare con la sicurezza sul lavoro, il lavoro che non c’è o quando c’è è reso difficile, una giustizia lenta e a volte incomprensibile. Rosario che attualmente è impiegato come operaio presso quello che è stato ribattezzato “reparto confino” della Fiat di Nola, ha visto morire il padre Antonio, operaio anch’egli presso la Fiat di Pomigliano, investito da un muletto esattamente 10 anni fa.
Ad aprile di quest’anno il reato viene dichiarato prescritto. Rosario è incredulo. Lui testimone al processo, oltre che figlio della vittima non puo’ accettare che coloro che in primo grado erano stati condannati per omicidio colposo adesso si ritrovino a non scontare alcuna pena, e soprattutto non può accettare che al padre venga imputato “il concorso di colpa”.
Per questo non si è mai fermato e ha continuato la sua battaglia arrivando anche al Presidente della Repubblica che quest’anno ha consegnato alla famiglia di Antonio la medaglia la valor civile. Per questo chiede che la sua storia continua a circolare.
Ora la speranza è affidata al ricorso presentato in Cassazione che mira a riaprire il caso per portarlo ad una diversa conclusione.
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