A tanta confusione politica non si arrivò neppure all’epoca di mani pulite. A quel tempo, infatti, almeno la sinistra sembrava un punto stabile di riferimento. Tant’è vero che Berlusconi fece la discesa in campo per impedirle una vittoria a mani basse. Oggi non è più così.
Tra partiti senza prospettive di unità, movimenti di gente sconosciuta, scandali, furti e ruberie spalmati un po’ fra tutti l’elettorato è frastornato più mai e non sa più a che santo rivolgersi per uscire da una crisi che morde sempre di più.
Su questo quadro desolato e che non promette nulla di buono, si ergeva fino a pochi giorni fa un gigante di credibilità e affidabilità come il Prof. Monti, il tecnico economista ed europeista capace in un colpo solo di tirare per i capelli l’Italia fuori dal baratro e di purgarla della presenza di Berlusconi. Una sorta di superman, il demiurgo di cui tanti italiani sentono intimamente l’esigenza, l’uomo della provvidenza, il “Gigante pensaci tu” della politica italiana.
Tutto è andato bene – ipotizzandosi addirittura il tana libera tutti di un Monti bis – fino all’altro ieri quando, fra l’abbassamento delle aliquote Irpef da una parte e l’innalzamento dell’IVA dall’altro, a Monti è caduta accidentalmente la maschera rivelandosi un altro prestigiatore dei numeri di Stato, un altro imbonitore da televendite. Perché è chiaro a tutti che abbassare il prelievo fiscale aumenta il potere di spesa, ma alzare l’aliquota IVA determina un moltiplicatore dei prezzi in ciascuno dei passaggi della filiera produttiva che assorbe ogni beneficio fiscale e punisce più di prima.
Monti avrebbe dovuto mostrare più coraggio.
Avrebbe potuto abolire le 50.000 auto blu mettendole all’asta; il ricavato avrebbe potuto essere destinato a un fondo welfare da distribuire ai centri urbani con periferie disastrate. Avrebbe potuto comunicare a tutti gli enti pubblici l’abolizione delle “vetture aziendali” motivando che se un dirigente da centinaia di migliaia di euro all’anno non può permettersi di acquistare una vettura, vuol dire che è o avaro o stupido o disonesto e l’Italia non ha bisogno di nessuno dei tre.
Avrebbe potuto abolire lo scudo fiscale ed emanare un urgente decreto stabilendo una aliquota del 75% della tassazione per chi, al netto, guadagna più di 1 milione di euro all’anno. Con quei soldi, rispettando quindi il fiscal compact e senza intaccare il bilancio di un solo euro, avrebbe potuto assumere, magari nella ricerca, qualche migliaio di laureati disoccupati.
Avrebbe potuto togliere alla Chiesa i miliardi di sovvenzioni pubbliche destinandoli ad un piano per la costruzione di asili nido e scuole elementari avviando così anche un piano di rilancio degli investimenti nelle infrastrutture nazionali.
Avrebbe potuto istituire il “bonus cultura” per esonerare dalla tassazione chiunque si costituisca in cooperativa per aprire librerie indipendenti assumendo almeno due laureati iscritti alla lista disoccupati o cassaintegrati dando un minimo contributo all’occupazione.
Avrebbe potuto abolire tutti i contributi governativi a riviste, rivistucole, fondazioni e case editrici sostituendole con comitati che finanziano aziende culturali dietro presentazione di business plans legati a strategie di mercato avanzate.
Avrebbe potuto varare un provvedimento nel quale offrire alle banche agevolazioni fiscali in cambio dell’erogazione di crediti agevolati ad aziende che producono merci italiane e l’applicazione di una tassa supplementare sulla vendita di strumenti finanziari.
Fantascienza? No perché sono i provvedimenti che Hollande ha già adottato in Francia nei primi 56 giorni della sua presidenza.
In più Hollande ha ridotto del 25% lo stipendio di tutti i funzionari governativi, del 32% quello dei parlamentari e del 40% quello dei dirigenti statali che guadagnano di più. Con i risparmi (circa 4 miliardi di euro) ha istituito un fondo welfare che attribuisce a “donne mamme single” in condizioni disagiate uno stipendio mensile per 5 anni se i bambini non vanno alle elementari e di 3 anni se il bambino è più grande.
Per vero anche il governo Berlusconi nel 2010 aveva tosato i redditi di dirigenti pubblici e magistrati sopra i 90.000 euro, ma la Consulta proprio in questi giorni ha bocciato l’iniziativa per incostituzionalità. Dice che la limatura attenta all’indipendenza della magistratura e discrimina i dirigenti pubblici rispetto a quelli privati, come se l’indipendenza dei magistrati dipendesse dallo stipendio, altrimenti si vendono al migliore offerente, e i dirigenti privati fossero pagati coi denari pubblici. Il pareggio di bilancio, così, si aggrava fortemente.
Invece i provvedimenti adottati da Hollande in Francia non hanno intaccato il pareggio di bilancio, lo spread con i bund tedeschi è sceso a quota 101, l’inflazione non è salita, la competitività e la produttività, nel giugno scorso, sono aumentate per la prima volta da tre anni a questa parte.
Sono questi provvedimenti di sinistra o quelli del buon pastore che non può continuare a ingrassare le vacche anche nei tempi di magra?
Prof. Monti, non proponga più agli italiani i giochetti delle tre carte che danneggiano la sua immagine di statista europeo, mostri un po’ di coraggio e incida sulla carne viva dei problemi per riequilibrare una situazione che è sempre più insostenibile e che non può cambiare se lei una mano la tende, ma con l’altra prende più di quanto dà.