“Qui abita un giudeo…” questa la scritta comparsa su un portone di Mondovì.
Ora attendiamo il disgraziato di turno che ci inviti a non esagerare, a non amplificare una “Goliardata” e ad oscurare un gesto da non enfatizzare…
Inviti da respingere al mittente, perché se quella scritta e ricomparsa, non c’è da meravigliarsi, quelle parole di odio discendono dalle parole usate come pietre per uccidere differenze e diversità, da una politica cinica che ha indirizzato la collera popolare non verso le ingiustizie sociali e lo sfruttamento, ma contro i disperati, gli ultimi, i poveri utilizzati come il bersaglio contro il quale scaricare livori e frustrazioni.
Chi ha equiparato antifascismo e antifascismo, chi non ha onorato Liliana Segre, chi ha suonato al citofono per aizzare la collera verso un giovane cittadino tunisino, chi ha ironizzato sugli atti squadristici , ha contribuito a inquinare i pozzi della civile convivenza, ad innalzare i muri dell’odio e del razzismo e ad “Armare” quella mano che scritto “Qui abita un giudeo”
Sbaglia chi pensa che quella scritta riguardi solo gli ebrei, quella scritta ci riguarda tutte e tutti.
Le stesse mani, in giro per l’Italia, hanno seminato odio e eccitato gli animi di chi ha colpito i migranti, gli omosessuali, i rom, le minoranze di ogni segno e colore.
Quelle mani non si fermeranno se non reagiremo insieme, superando ogni steccato politico, ideologico, confessionale ; realizzando una nuova alleanza tra credenti e non credenti uniti attorno ai valori dell’uguaglianza, dell’accoglienza, della solidarietà che sono, peraltro, quelli che ispirano la nostra Costituzione.
Il giorno 27 gennaio sarà la giornata della memoria, del ricordo della Shoa che ha rappresentato il culmine di un processo di lenta immissione dei veleni del genocidio e della soppressione dei diritti politici e civili.
All’inizio, ieri come oggi, molti hanno di non vedere e di non sentire, si illudevano di essere immuni, al sicuro da ogni rischio.
Sarà pur vero che la storia non si ripresenta uguale, ma è altrettanto vero che non c’è tempo da perdere e che spetta a ciascuno di noi disarmare gli squadristi prima che sia troppo tardi.
Il prossimo 27 gennaio cominciamo a partecipare alla giornata della memoria e facciamo sentire che “Siamo e saremo tutti ebrei”.