Ultimo film di Ken Loach, presentato in anteprima al Festival di Cannes 2019.
Una famiglia unita, umile e onesta è al centro di questo che è, come l’ultimo I, Daniel Blake, più di un film di denuncia; è una fotografia del reale, di un piccolo spicchio d’Inghilterra, microcosmo del grande macrocosmo consumistico nel quale viviamo tutti immersi in un’alienazione disumanizzante.
Un padre, una madre, un ragazzo e una ragazzina conducono ogni giorno una vita di impegno, sacrifici, rinunce, solitudini e disagio. Il loro piccolo sogno, quello di comprare una casa e condurre un’esistenza più dignitosa, si infrange contro un muro fatto di una sequenza di difficoltà insormontabili, un meccanismo crudele che li stritola in un determinismo implacabile.
Il giovane padre, Ricky, accetta di lavorare come corriere per una di quelle aziende che consegnano pacchi in tempi ridottissimi; non deve firmare un contratto, non ci sarà un’assunzione perché “Tu non lavori per noi, lavori con noi”. Queste parole affrancherebbero chiunque, ingannerebbero chiunque nell’idea di essere autonomo e parte di un sistema, quasi imprenditore di se stesso. Invece no, il ricatto inesorabile sta proprio lì, gravare di responsabilità il singolo, e avvinghiarlo in una ragnatela di inesorabili doveri, di trappole lavorative ed esistenziali e di diritti negati, anche i più elementari, compreso quello di urinare.
La vita di Ricky si trasforma in una lotta forzata contro il tempo, ogni corriere della ditta PDF deve consegnare i pacchi in un tempo prestabilito e controllato da un apparecchio tecnologico che fa da telefono, navigatore, sensore e strumento di controllo dei movimenti e dei comportamenti. La loro vita, chiusi dentro il furgone e trascinati nel traffico da un posto all’altro, è quella del perfetto automa in una nuova “catena di montaggio” (il fordismo del XXI secolo), nell’alienazione della generazione 2.0.
Abby, la giovane madre, dolce e dedita ai suoi pazienti, un’infermiera-badante che dalla mattina alla sera assiste anziani e disabili senza fermarsi mai, senza tregua ma con immensa dignità e sincero sentimento di affetto per le persone che di cui si prende cura.
In poco tempo si trovano avvolti in una spirale di compiti da assolvere, tempo da inseguire, fatica da sopportare e problemi fra loro; un gorgo senza speranza.
In questo vortice Ricky ed Abby perderanno se stessi, diventeranno genitori assenti, persone irascibili, violente, diverse da ciò che erano. La protesta dei figli esprimerà questo cambiamento, la necessità assoluta di fare tornare tutto come prima, di recuperare, con ogni mezzo, il padre che avevano prima e la situazione di prima; da qui il titolo, Sorry we missed you, ci sei mancato.
Questo non è un film che commuove. Paralizza. Lascia senza fiato e senza commento per la di-sperazione di personaggi che conosciamo tutti, che incontriamo tutti i giorni sul nostro cammino, quando ordiniamo il cibo pronto, le scarpe di marca a metà prezzo, lo smartphone di ultima generazione e qualcuno ci garantisce una rapida consegna.
Ken Loach non ci spiega come funziona questo elefantiaco sistema, lo sappiamo benissimo e non ce ne occupiamo. Il regista ci racconta una delle migliaia di storie possibili, ce la mette lì, davanti ai nostri occhi bendati di ottuso consumismo e lascia che sia la storia a raccontarsi, secondo la poetica del Realismo e del Neorealismo (tante analogie si potrebbero cogliere con i racconti di Verga e con film come Ladri di biciclette) col linguaggio asciutto dei dialoghi essenziali e delle immagini squadrate e quasi sempre abbagliate. I furgoni delle consegna sono tutti bianchi, anonimi, uguali, come gli uomini che li guidano.
Nel 2000 il regista ci aveva regalato una (delle tante) altra storia di povertà e dignità, Bread and roses, lì ci aveva fatto capire che oltre al bisogno materiale per l’uomo esiste anche il bisogno di bellezza e di amore, le rose del titolo.
Qui, venti anni dopo, ritrae l’umanità sacrificata nel suo aspetto ontologico imprescindibile: i legami familiari.
Non si parla più di classe operaia, il nuovo proletariato è fatto di precari che non hanno nemmeno “la coscienza di classe” perché non appartengono a nessuna categoria; si sfidano l’un l’altro in una gara di resistenza, in una legge del più forte che li spinge a combattersi, quando sarebbe necessario unirsi. Sarebbe il caso di dire “corrieri di tutto il modo unitevi”.
Sorry we missed you
Regia di Ken Loach
Sceneggiatura Paul Laverty
Interpreti
Kris Hitchen: Ricky Turner
Debbie Honeywood: Abbie Turner
Rhys Stone: Sebastian “Seb” Turner
Katie Proctor: Liza Jane Turner