Non si arrestano le battaglie di Articolo21 per la Campania, un presidio che rappresento con orgoglio e fermezza. Perché bisogna essere irremovibili in una regione dove sono ancora troppe le intimidazioni che i cronisti ricevono dalla camorra. L’ultima, gravissima, arriva il 20 ottobre 2018 ai danni di Mario De Michele, direttore di Campanianotizie.com, che ha denunciato ai carabinieri di essere stato vittima di un agguato a colpi di arma da fuoco a Gricignano d’Aversa; ignoti hanno sparato contro di lui dieci proiettili ad altezza d’uomo, sei dei quali hanno centrato la sua macchina.
Quasi a fine anno apprendiamo un’altra brutta notizia per chi combatte con la forza della verità le querele temerarie, come Giuliana Covella. La cronista napoletana, denunciata dal boss della camorra pentito Giuseppe Misso per un articolo pubblicato sul Mattino e per alcune pagine del suo libro “Rapido 904. La strage dimenticata”, ha appreso che il giudice ha respinto il ricorso per quanto scritto sul giornale, ma ha accolto quello sul libro, riducendo, però, la richiesta di risarcimento da 100mila a 12mila euro. Il Sindacato unitario giornalisti della Campania e Articolo21 saranno al fianco della collega con il suo ufficio legale e con ogni iniziativa necessaria a supportare la cronista.
La notizia arriva a pochi giorni (il 23 dicembre) dal trentacinquesimo anniversario della strage, che nel 1983 provocò 16 morti e 267 feriti nel treno partito da Napoli per Milano, carico di persone in viaggio per le feste di fine anno. “Andrò avanti in questa battaglia – dice la Covella – in nome della verità e della giustizia per tutta la nostra categoria”.
Isolamento, delegittimazione personale, avvertimenti allusivi, minacce estremamente esplicite e poi, come ultima ratio, azioni civili e penali, sono quello che fermano la libertà di stampa, in un Paese, l’Italia, che è ancora in 43esima posizione nella classifica stilata ogni anno Reporter Senza Frontiere. Basti pensare che solo qualche mese fa, l’allora Ministro della Giustizia Matteo Salvini da un suo video su facebook dichiarava: “Sto lavorando anche a una revisione dei criteri per le scorte che impegnano ogni giorno in Italia più di duemila donne e uomini delle forze dell’ordine” e poi ha inviato un “bacione” al giornalista sotto scorta, Roberto Saviano.
Mentre il Consiglio d’Europa, ha definito la promessa del leader del Carroccio “un’intimidazione attribuibile allo Stato”, all’epoca lanciammo dal sito di Articolo21 l’ipotesi di un nuovo reato ascrivibile a questi comportamenti: “L’Apologia di Camorra”. Perché accanirsi contro uno scrittore, minacciato fin da quando era giovanissimo, farlo ripetutamente (un’altra volta fu nel 2017), fa diventare gonfi i suoi nemici. Dando soddisfazione a chi voleva far saltare in aria l’autore di “Gomorra” con un attentato simile alla strage di Capaci, da mettere in atto sull’autostrada Roma-Napoli. E poi il linguaggio! “Le parole sono importanti” diceva Nanni Moretti, lo è anche quel “bacione”, che fa tanto “ultimo saluto”. Il capo della Lega non si rende conto della gravità del suol messaggio virale. Di quanti malavitosi si sentiranno autorizzati a stringere ancora di più il cappio delle intimidazioni attorno alla gola dei giornalisti.
Per questo non bisogna mai smettere di illuminare i tanti colleghi minacciati, partendo proprio dalle periferie. Continuerò, nel nome di Articolo21 a tenere corsi gratuiti di giornalismo in tante scuole dell’hinterland campano. Come ho già ho fatto, proprio con la Covella, con centinaia di ragazzi dell’Isis Rita Levi Montalcini di Quarto nel corso del progetto “Prevenzione della Violenza sulle donne. Cosa c’è prima del femminicidio”, realizzato dal Club Inner Wheel di Napoli Castel Dell’Ovo, presieduto da Ilaria Perrone Matarazzi. Il risultato? Temi, racconti, coscienze civili risvegliate. Bisogna
Bisogna proseguire nel tenere una rete che, oltre a favorire lo scambio di conoscenze e la collaborazione tra le scuole e le Associazioni attive sul territorio, alimenti buone pratiche di solidarietà e di contrasto alla discriminazione e alla violenza. Grande commozione all’incontro “Voci Celate. Diamo Voce a chi non ha Voce”. L’evento, dove sono staccata testimonial, aperto alla cittadinanza, patrocinato dalla Municipalità 2 del Comune di Napoli e per la direzione artistica dell’Avvocato Argia di Donato, ha visto confrontarsi tantissime classi (almeno 500 ragazzi) nelll’Aula Magna del 31 I.C. Paolo Borsellino sui temi del femminicidio.
Proprio quest’anno – ritenuta difensore dei diritti umani – ho avuto il privilegio di incontrare a Napoli una delegazione arrivata da Ginevra dell’organizzazione Democratiche e Diritti Umani dell’OSCE (ODIHR) nell’ambito di una visita di valutazione in Italia. Perché punto fondamentale del mio mandato è stata l’ideazione e la direzione artistica di Imbavagliati, festival Internazionale di Giornalismo Civile, che si è svolto al Pan/Palazzo delle Arti di Napoli a settembre scorso..
Un’edizione sofferta, per le tante contestazioni che si sono alzate come un muro di odio per aver premiato il coraggio di Carola Rackete, ma che ha portato in Italia importanti testimonianze internazionali.
“E per un momento non c’erano maschi o femmine, italiani o stranieri, cristiani, musulmani o atei, pubblico o giornalisti. Siamo stati il mondo. E non accade spesso”. Certe volte capita che un post su Facebook – come quello scritto da Barbara Schiavulli, giornalista specializzata nelle questioni mediorientali – riesca a ripagarti di ogni sacrificio. Al di là di ogni retorica, in un festival come “Imbavagliati” si raccolgono verità che fanno dolore e bellezza.
Come quelle che abbiamo vissuto tutti durante il focus “Siria, Afghanistan e Libia: minori in fuga”. Buio in sala e grande commozione quando la scrittrice e attivista italo-siriana Asmae Dachan, dopo aver raccontato il suo reportage della guerra in Siria, con foto toccanti, si è fermata su un’immagine in bianco e nero: quella di una bambina piccola che guarda in camera. “Questo scatto è una promessa – dice la giornalista siriana premiata dal Presidente della Repubblica Sergio Matterella, per il suo impegno civile – lei è la figlia di Anas al-Dyab, un mio amico fotoreporter di guerra siriano, ucciso a 23 anni a Khan Sheikhun”. La collega racconta di aver conosciuto sua nonna per caso durante un reportage. “Sei stata amica di mio figlio e allora devi aiutarmi – le ha detto la signora – da grande dovrà fare la giornalista, come suo padre”. Sì, piangiamo tutti, inizia Asmae, che non riesce a trattenere le lacrime, mentre racconta questa storia.
Poi Maha Hassan, scrittrice e giornalista curdo-siriana perseguitata dal regime di Assad, parla della perdita della madre durante i violenti bombardamenti sulla città di Aleppo e anche il responsabile per la Siria presso l’Osservatorio Iraq, Medio Oriente e Nord Africa Fouad Roueiha, che traduceva la disperazione di una figlia, si è commosso. Ha dovuto fermarsi.
Il Festival Internazionale di Giornalismo Civile ha racconta vite, spesso spezzate. Accendendo una luce sugli ultimi. Ma anche quelli che ce l’hanno fatta come Alì Eshani, autore del libro “Stanotte guardiamo le stelle” (Feltrinelli). Un monologo ininterrotto che narra della sua fuga con il fratello dal regime talebano. Alì, che ha perso i suoi genitori e lo stesso fratello, ce l’ha fatta: è riuscito a laurearsi in Italia e a diventare uno scrittore di successo. Lo ha detto in questo altro incontro forte, accompagnato dalle analisi della Schiavulli e Tiziana Ciavardini. “Un giorno mi regalarono un biglietto per un viaggio in treno che mi ha cambiato la vita. Qualche tempo fa ho ricambiato lo stesso gesto con un bambino e sua madre mi ha chiesto se ero ricco, le ho detto: “Ora lo sono dentro!””.
Nei giorni del festival abbiamo raccontato “Le Guerre Innocenti”, i rischi dei minori nel mondo attraverso le voci di Antonella Napoli, Enzo Nucci e le testimonianze dirette di Abdelaziz Yakub (Sudan), Jok Madut Jok (Sudan del Sud), Naziha Arebi (Libia), Olga Rodríguez (Spagna); lo straordinario fotoreporter milanese Uliano Lucas, gli illustratori Stefano Disegni, Fabio Magnasciutti, Mauro Biani, Enrico Caria e Riccardo Marassi, protagonisti della mostra “5×5=una risata vi libererà”. Scelte difficili, ma necessarie con la quinta edizione del “Premio Pimentel Fonseca”, consegnato a Helena Maleno (Spagna) e “Honoris causa” alla comandante tedesca Carola Rackete (Germania) in una città dai porti aperti! Quando molti mi voltavano le spalle, non dimenticherò mai le testimonianze di Giuseppe Giulietti, Nino Daniele, Alex Zanotelli, Marisa Laurito, Massimiliano Marotta, Riccardo Noury, Margherita Dini Ciacci…
Durante la manifestazione la presenza del Presidente della Camera, Roberto Fico, che sempre nel 2019 ha visitato al Madre “Io sono Felice”, una manifestazione di inclusione sociale diretta da Laura Valente, partita con il mio progetto “Felice@Madre”, costruito nel nome di Articolo21, che ha portato al museo bambini e ragazzi provenienti da tutti i quartieri di Napoli. Nel 2020 al Madre ci sarà la proiezione del documentario, che vede la mia regia, relativo a questa iniziativa….
Nell’ambito del Festival contro il bavagli, il 23 settembre, nel 34esimo anniversario della sua morte, La Fondazione Polis ha inaugurato la “Sala della Memoria”, dedicata a Giancarlo Siani e a tutte le vittime innocenti della criminalità. Ringrazio Paolo Siani per aver pensato alla realizzazione di questa mostra, che rappresenta un luogo di speranza per il nostro Paese. Perché come dice il nostro slogan “Chi dimentica diventa il colpevole”.
E noi non vogliamo dimenticare Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, tenuto in un carcere di sicurezza in questo momento a Londra. Subendo 23 ore al giorno di isolamento, come il peggiore dei criminali. Mi piacerebbe per gennaio portare in Campania la testimonianza di suo padre John Shipton, che sta girando l’Europa per sostenere la causa della libertà di suo figlio.
Da un luogo simbolo come Napoli dobbiamo tutti amplificare il suo appello, affinchè Assange sia estradato in Australia. Assange, come si sa, è accusato di spionaggio da Washington e minacciato di estradizione negli Stati Uniti, rischia 175 anni di reclusione negli Usa perché gli viene contestato di aver messo in pericolo alcune fonti, quando nel 2010 furono pubblicati 250mila cablogrammi diplomatici e circa 500mila documenti riservati sulle attività dell’esercito americano in Iraq e in Afghanistan. Dal 25 febbraio prossimo si deciderà in 5 udienze il verdetto di primo grado sulla contestata richiesta di estradizione dalla Gran Bretagna agli Usa.