DENUNCIAMO. Denunciamo lo sfruttamento. Ora basta. Organizziamoci.
La colpa è mia. Se è vero che da 6 anni sono ai vertici della Federazione della Stampa, se i giornalisti precari mi hanno votato per 2 volte e mi hanno chiesto di fermare la deriva dell’informazione italiana – basata su un sottoproletariato culturale da 2 euro l’ora – allora sto clamorosamente fallendo.
Ma stiamo perdendo tutti.
Per cambiare le cose, per impedire di essere – voi ed io- sfruttati da aziende – gli editori italiani – che fuggono da tutti i tavoli quando bisogna parlare di GIORNALIST* PRECARI allora dobbiamo denunciare e organizzarci.
Voi cittadini, onorevoli, sindaci ci credete giornalisti liberi e indipendenti: invece, molto spesso, avete di fronte un sottoproletariato culturale tutto italiano.
Denunciamo, anche anonimamente, ma portiamo gli editori di fronte alle loro responsabilità: azienda per azienda, redazione per redazione. Possiamo farlo.
PRIMA TAPPA
Il 9 gennaio, LA CONFERENZA NAZIONALE DEI COMITATI DI REDAZIONE è convocata in FNSI – Federazione Nazionale Stampa Italiana, Corso Vittorio Emanuele 349, Roma.
Da lì dovremo far partire una VERTENZA NAZIONALE sui giornalisti precari. Così si salva anche Inpgi: regolarizzare l’illegalità diffusa nei giornali quando si parla di non-dipendenti.
Un servizio-choc di Report dell’ottobre scorso di Bernardo Iovene – mentre la politica delirava di informazione e giornalismo con degli “Stati generali dell’editoria” dei 5Stelle che partivano dal concetto che mandare per strada 1.000 giornalisti sia il primo passo per riformare un sistema decadente – non è servito a nulla.
Pochi giorni fa la denuncia di Barbara D’Amico che dal Corriere della Sera se n’è andata “sbattendo la porta” come dovrebbe fare una giornalista: scrivendo un pezzo-denuncia esemplare sui social, sulle sue condizioni di lavoro e su un illegale e illegittimo taglio unilaterale dei compensi deciso dall’azienda. E tutto questo senza che nessuno sentisse il desiderio di farglielo sapere. Anche questo caso che è stato trend-topic su twitter non ha sortito alcun effetto.
Oggi Sandro Ruotolo posta il borderò (ossia l’elenco dei pezzi pubblicati e pagati) di un’altra collega: trentatre pezzi per 145,75 euro.
Pensate che questa professionista dell’informazione abbia concordato lei di prendere questa cifra?
Pensate che, come PREVISTO DALLA LEGGE per ogni prestazione professionale, la giornalista Luciana Cimino abbia fatto una trattativa con il suo “cliente”, l’editore, e abbia – che ne so – alzato la posta di quei 0,75 euro?
Non prendiamoci in giro.
Siamo nella trama di un thriller: “DIECI PICCOLI INDIANI” di Agatha Christie – e a morire sarà la DIGNITA’ di un LAVORO, quello di chi racconta il reale per professione, che si trascinerà dietro pezzi della libertà di tutt*.
Allora facciamo qualcosa.
Organizziamoci.
La Federazione nazionale della Stampa c’è, ci sono centinaia di giornalisti consapevoli del problema e del fatto che da qui si riparte per raddrizzare un settore che del LAVORO sta facendo un orpello, tra un prepensionamento e l’altro.
Per gli editori – e per la politica – gli articoli di informazione tappano i buchi lasciati dalla propaganda-marketing.
DENUNCIAMO. Scrivete, anche in forma anonima a
Porterò i casi all’attenzione della Conferenza nazionale dei Cdr del 9 gennaio 2020.
Avviamo una vertenza nazionale.
BASTA GIORNALISTI SFRUTTATI. DENUNCIAMO. ORGANIZZIAMOCI.