Il mio ricordo del 12 Dicembre del 1969 parte da molto prima, esattamente dagli inizi dell’ Aprile 1948. Non dunque dalla Sala Contrattazioni della Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano, ma dal Salone delle riunioni del palazzo di Largo Donnaregina 22, a Napoli, il “Palazzo del Cardinale” che ospitava le Presidenze Diocesane dei vari rami dell’Aziona Cattolica.
Era un tardo pomeriggio. Il salone era gremito di giovani e di adulti, per lo più, ma non solo, maschi. Eravamo tutti e tutte militanti dell’Azione Cattolica, che eravamo stati arruolati/e nei Comitati Civici fondati da Luigi Gedda. Avevamo attivamente partecipato alla campagna elettorale che si sarebbe conclusa di lì a qualche giorno con la “pausa di riflessione“ che avrebbe preceduto la giornata elettorale fissata al 18 Aprile. Si trattava delle prime votazioni politiche dell’Italia Repubblicana con le quali il popolo italiano si sarebbe dovuto pronunziare da che parte stare rispetto alla spartizione del mondo decisa a Yalta. Il voto era libero, ma l’esito in qualche modo predeterminato, perché a Yalta l’Italia era stata assegnata all’Occidente. Anzi era stata posta al confine del mondo “libero” di fronte al mondo “comunista”.
Nel Salone di Largo Donnaregina quel giorno non si tirarono solo le somme del lavoro svolto in quei mesi di campagna elettorale: quanti manifesti attaccati sui muri cittadini, quanti comizi volanti effettuati agli angoli delle strade, quante famiglie visitate con un sistematico porta-a-porta strada per strada, parrocchia per parrocchia, per spiegare l’importanza di andare a votare e soprattutto la posta in gioco, il significato dei vari simboli, l’utilizzo della scheda elettorale: Si doveva decidere anche dell’organizzazione nei giorni delle votazioni, di come accompagnare gli anziani e i disabili a votare, di portare vettovaglie e bibite ai rappresentanti di lista democristiani, etc. Ma non fu tutto. Terminate le istruzioni per i giorni delle votazioni, il Presidente Diocesano della GIAC – persona di cui ho comunque un ricordo splendido come cristiano e come uomo – dopo averci invitato ad implorare tutti i santi del paradiso perché fosse risparmiata a noi e all’intero paese una prova terribile, ci esortò a tornare ciascuno nella propria casa appena terminate le operazioni di voto e a non muoverci da lì sino a proclamazione avvenuta dei risultati. Avremmo dovuto restare in attesa della telefonata di qualcuno che avrebbe saputo farsi riconoscere e ci avrebbe indicato dove ritrovarci per avere istruzioni sul da farsi. Ma che pregassimo, per carità, che la prova ci fosse risparmiata, perché se quella telefonata fosse giunta, nei luoghi di raduno ad attenderci non avremmo trovato i pennelli per le affissioni.
Capimmo e restammo in attesa.
A risultati proclamati, a elezioni ampiamente vinte dalla Democrazia Cristiana, finalmente uscii di casa e potetti dedicarmi intensamente alla preparazione degli esami di licenza liceale.
Qualche anno dopo scoprii per puro caso chi probabilmente sarebbe stato a fare quella telefonata se fosse dovuta essere fatta: nel frattempo era divenuto nel un mio carissimo amico. Scherzi della vita.
Credo che non sia necessario che spieghi perché il cinquantesimo anniversario della bomba di piazza Fontana abbia richiamato alla mia memoria la riunione di Largo Donnaregina del 1948.
Anni dopo, molti anni dopo Giulio Andreotti avrebbe accennato ad un’organizzazione (segreta) denominata Stand By e Cossiga avrebbe ammesso che sì, nel ’48 di armi ce ne erano anche da parte degli “atlantici”.
Ma che le forze di polizia repubblicane fossero rimpinzate di fedelissimi al regime fascista ci se ne accorse subito. Sin dal 1946. Quando si videro le nuove divise degli agenti di pubblica sicurezza (come ancora si chiamava allora), per i primi mesi si videro alcuni degli agenti portare al collo un fazzoletto rosso. Ragazzino, ne chiesi conto a qualcuno di loro. <Siamo stati partigiani> fu la risposta. Dopo qualche mese però di fazzoletti rossi non ne vidi più. In compenso ne vidi altri azzurri. Chiesi ancora. <Sono stato della X MAS> fu la risposta, il corpo d’assalto della marina che, al comando del principe Valerio Borghese, si era assai distinto all’epoca della Repubblica di Salò. La formazione più convintamente fascista delle forze armate repubblichine,
Poi si scoprì che i membri della polizia fascista erano rimasti pressoché tutti ai loro posti e che anzi il neo costituito Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni era stato rimpinzato di funzionari di sicura fede fascista, distintisi per aver reso importanti servizi al passato regime. A dirigere ed orientare le investigazioni sulla bomba di piazza Fontana e su quelle successive, guarda che combinazione, fu proprio l’Ufficio Affari Riservati
Negli anni dell’Università capitò anche a me di imbattermi in un ex repubblichino assiso in un ufficio della Questura di Napoli. Non c’era la Digos, allora. C’erano l’Ufficio Politico e la Squadra Speciale Gabinetto. Mi ci recai per segnalare che le riunioni dell’Interfacoltà erano spesso disturbate da persone dichiaratamente fasciste, chiedendo un intervento delle forze dell’ordine. Il funzionario che mi ricevette espresse la propria comprensione lamentandosi che “questi” non lo volevano capire che i tempi erano cambiati nonostante che lui facesse di tutto per spiegarglielo. Per essere convincente al massimo aveva fatto vedere loro persino la foto che tirò fuori dal cassetto di destra della sua scrivania e mostrò anche a me. C’era Mussolini in una macchina scoperta circondata da tanti “moschettieri del Duce”, corpo speciale di poliziotti motociclisti, con i guantoni sin quasi al gomito. Quello esattamente all’altezza del Duce era proprio lui, il funzionario dell’Ufficio Politico dell’Italia Repubblicana che riceveva la mia protesta. Capii che ce la dovevamo cavare da soli.
Ma non era soltanto nella polizia e nella burocrazia dello Stato che non era cambiato gran che. Durante la guerra la mia famiglia sfollò nelle campagne di Torre del Greco, cittadina ai piedi del Vesuvio. Dalle nostre parti giravano, casolare per casolare, famiglia contadina per famiglia contadina, due sorelle di mezza età a portare i materiali della propaganda fascista per le “Donne Rurali”.. La chiamavano “Le Signorine Fasciste”. Dopo la guerra tornammo a Torre del Greco d’estate. Le due sorelle continuavano a girare, casolare per casolare, famiglia contadina per famiglia contadina, con lo stesso calessino trainato dall’asinello di prima. Ma non volevano essere chiamate più Signorine Fasciste. Ora portavano il materiale di propaganda della Democrazia Cristiana.
Insomma il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, dal regime fascista al sistema democratico non fu accompagnato dal rinnovamento né delle strutture vitali dello Stato né del tessuto connettivo della società.
Perché nel nostro paese abbia potuto attecchire la “strategia della tensione” con le sue stragi, attentati e depistaggi e spiegare l’ignominia di non essere stati capaci di individuarne e condannarne i colpevoli nemmeno in cinquant’anni,Si spiega così. Ma per comprenderlo pienamente bisogna completare il quadro che ho tentato di abbozzare citando una serie di episodi, aggiungendone un altro.
Tra la fine degli anni cinquanta ed i sessanta, un mattino mi si presentò in ufficio un distinto signore assai gentile. Mi spiegò che era stato istituito con Legge dello Stato l’Ordine Nazionale dei Giornalisti ed era stata costituita un’apposita commissione della quale aveva fatto parte anche lui, per stabilire chi iscrivere d’ufficio nei costituendi albi,selezionandoli fra coloro che avevano diretto in passato delle pubblicazioni. Io ero tra di essi per via di alcuni foglietti dell’Azione Cattolica. E mi offrì con un sorriso la Tessera dell ‘0rdine Nazionale dei Giornalisti n. 163212, datata 25 maggio 1959,Elenco Pubblicisti. Accompagnò la tessera dicendo: <Sa, fra noi dobbiamo aiutarci>. Era il Direttore della Sede di Napoli dell’USIS, United States Informations Service. (leggi: CIA & assimilati).
Quel noi mi stupì. Non ci eravamo mai incontrati prima di allora. Il “noi” si riferiva evidentemente a Yalta, al Patto Atlantico, dando per scontato che avendo militato nell’Azione Cattolica dovessi per forza simpatizzare per gli USA e le sue politiche. Ignorando che si può essere cristiani ed anzi che proprio per tentare di essere cristiani si voglia “cambiare lo stato delle cose” sapendo che Cristo fu messo a morte per aver segnato la Storia portando in Terra non chissà quale sconvolgente rivelazione metafisica, ma il comandamento rivoluzionario molto terreno del riscatto dei poveri e degli esclusi, per realizzare l’eguaglianza e garantire la libertà a tutti gli esseri umani. Ignorava, il solerte funzionario, che nella stessa Democrazia cristiana c’era stata una corrente denominata Sinistra di Base, che intendeva trasformare quello Stato borghese e non a caso pubblicava un periodico intitolato Stato Democratico e teneva le riunioni nazionali in un appartamentino a Milano, di due stanze e l’ingresso, nel quale, poggiato su di un tavolo, c’era un apparecchio telefonico con accanto la scritta <Attenzione, questo telefono è controllato dalla polizia>.
Quel noi non mi stette bene. Nei comizi volanti della campagna del ’48, confrontandomi con gli attivisti comunisti, come tanti altri miei amici ero stato costretto a spostare la discussione sui temi delle chiese trasformate in musei e del libero amore, perché su quelli sociali mi trovavo d’accordo con loro. Sicché quando un importante teologo, Giulio Girardi pubblicò un libro intitolato Cristianesimo e Marxismo, nel quale sostenne la compatibilità tra il primo ed il materialismo storico fummo in tanti a sentirci liberati e sorse anche in Italia il movimento di Cristiani per il Socialismo.
Non per questo il nostro Paese cessò di essere a sovranità limitata. Si dice che questa condizione sia sancita in protocolli segreti, in un addendum ai Trattati di Pace e pare che gli USA si siano riservati di intervenire anche militarmente nel caso in cui i comunisti fossero arrivati al potere quand’anche legalmente. Che ciò sia sancito per iscritto o meno, non credo che sul fatto ci siano molti dubbi.
Forse per questo Veltroni a proposito della strage di piazza Fontana è arrivato a sostenere che sarebbero andati al potere i fascisti se si fosse riusciti a scoprire e condannare subito i colpevoli dell’attentato. Per forza propria i fascisti non ci sarebbero riusciti, ma con l’intervento diretto o indiretto degli USA si.
Sarebbe bene a mio avviso che si smettesse di parlare di depistaggi dei servizi deviati e si ammettesse esplicitamente che in Italia c’è stata, strisciante ma non troppo, una guerre intestina: di pezzi di Stato contro altri pezzi di Stato, di uomini di un partito contro altri uomini di uno stesso partito, di uomini dei Servizi contro altri uomini degli stessi Servizi. Che dalla nostra sovranità limitata dipende se oggi la nostra Democrazia è traballante, se il nostro miracolo economico fu arrestato da due morti strane (Adriano Olivetti ed il suo Direttore Tecnico) e da un paio di improvvide sentenze Giudiziarie (Ippolito e Marotta) e dipende da quella guerra intestina se il Paese è ridotto complessivamente in declino e se la sua classe dirigente (tutta, non solo il settore politico) è divenuta così scalcagnata.
Una domanda mi viene da porre ricordando i 18 morti di Piazza della Loggia, tutti quelli della Guerra intestina che non è stata poco sanguinosa, fra cui secondo alcuni va annoverato anche i Aldo Moro: ma la guerra intestina è finita, c’è almeno un armistizio? O no? Bisogna saperlo, perché nel caso c’è da schierarsi ancora.