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43 profughi liberati dall’inferno di tendopoli e campi indegni, per la civiltà europea. Grazie a Vaticano e Sant’Egidio

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A giorni arriveranno da Lesbo, in Grecia, parte integrante dell’Unione Europa, 43 profughi “detenuti” sull’isola. Abbiamo saputo dai mezzi di comunicazione di massa che le spese per il loro trasferimento e alloggio in Italia saranno interamente a carico del Vaticano e di Sant’Egidio. Hai visto mai che qualcuno pensasse che paghiamo noi… Ma da dove vengono, perché ho scritto “detenuti”? L’operazione è gestita a Lesbo dalla Comunità di Sant’Egidio, e un religioso ha scritto su facebook: “Sono onorato di poter aiutare la delegazione della Comunità di Sant’Egidio e il cardinale Krajevski sull’isola di Lesbo per una missione speciale: liberare 40 rifugiati dall’inferno di tendopoli e campi indegni per la civiltà europea. Rispetto a maggio scorso, il numero dei profughi è molto cresciuto e le loro condizioni sono peggiorate. Non c’è posto nei luoghi attrezzati, gli appuntamenti per l’esame delle domande di asilo hanno tempi biblici. Migliaia di bambini vagano senza una meta per le strade, invece di andare a scuola. Ragazze e donne incinte costrette a vivere in promiscuità con uomini, giovani con lo sguardo spento, alcuni con problemi psichici o dipendenze. Una situazione surreale generata dalla chiusura e dall’indifferenza. Il gesto del Papa e di Sant’Egidio, oltre a rappresentare una salvezza concreta ed immediata per famiglie con minori in grave difficoltà, sveglia le coscienze dei credenti e ci ricorda che bastano la fede e la buona volontà per cambiare il mondo.”

Il religioso dice abbastanza tenendo conto che  lui ha una missione importantissima da portare a termine. Ma su Avvenire Nello Scavo dal campo di Moria, visitato dal papa a  Lesbo, ha scritto: “Nel girone dei bimbi migranti le autorità hanno deciso che andavano trattati come canaglie a cui sorridere al di qua delle inferriate. Dicono che è per la loro sicurezza che devono stare reclusi come le fiere allo zoo. C’è una grata perfino tra loro e il cielo, casomai si arrampicassero fuggendo tra i tetti arroventati dei container che alla stampa vengono raccontati come “residenze”, ma che in realtà sono celle di lamiera. Nessun essere umano dovrebbe stare qui, che poi è Europa, mica la Libia. Il campo di Moria è una collina che dall’alto discende verso i gironi dei dannati d’ogni guerra: Yemen, Afghanistan, Iraq, Siria, Palestina. Mani affettuose hanno verniciato con colori vividi le scatolette di ferro dentro a cui alloggiano adulti e bambini. Mani ipocrite hanno ordinato e pagato milioni di euro a un Paese in crisi perché tenesse al confino i migranti che salpano dalle vicine coste turche e poi si arrampicano sulle scogliere dell’arcipelago. I cantori della favola di Stato sanno di dover mentire ai giornalisti: «In Grecia ci sono 70mila migranti ospitati – lo ha davvero detto incontrandoci un funzionario di Atene – in condizioni del tutto ottimali». Dove per ottimale si intende un solo medico per 4mila persone. Per non dire dei colloqui per esaminare le richieste d’asilo.” E’ l’unico a dire queste cose Nello Scavo? No. Su Valigia Blu una testimonianza impressionante raccolta da Roberta Aiello: “Moria, Lesbo, Grecia. Un campo profughi che può ospitare 3100 persone circa e ne contiene attualmente 9000. Un punto di accoglienza e di identificazione che avrebbe dovuto rappresentare una porta spalancata verso una nuova vita, più sicura, meno dolorosa e che, invece, è solo la prova tangibile del fallimento delle politiche europee che hanno scelto di bloccare la migrazione ad un prezzo morale e umanitario elevatissimo.Moria è un’emergenza senza precedenti che mette a dura prova fisica e mentale uomini, donne, ma soprattutto bambini che costituiscono un terzo dei migranti presenti. Un inferno che fa pensare ad Alcatraz, con le persone bloccate sull’isola senza via di scampo, o a un manicomio d’altri tempi come racconta Alessandro Barberio, psichiatra di Medici senza Frontiere, dove i richiedenti asilo hanno subito forme estreme di violenza e tortura, sia nei paesi di origine che durante la fuga. Persone gravemente traumatizzate fisicamente ma, soprattutto, mentalmente che continuano ad essere vittime di abusi.”

Tornando alla decisione di Francesco  ha scritto con precisione Repubblica: “ A tre anni dalla visita del Papa a Lesbo e dalla sua decisione di riportare con sé le famiglie siriane,  lo scorso maggio il pontefice ha chiesto a Krajewski di tornare nell’isola greca per rinnovare la solidarietà al popolo greco e ai profughi e, anche in questa occasione, ha espresso il desiderio di compiere un ulteriore gesto di solidarietà e ospitare un gruppo di giovani profughi e alcune famiglie provenienti dall’Afghanistan, Camerun e Togo. “Dopo un intenso periodo di trattative ufficiali tra gli organismi competenti al fine di realizzare questo nuovo corridoio umanitario, il ministero dell’Interno italiano ha dato l’assenso definitivo a svolgere l’operazione”, spiega una nota dell’Elemosineria. L’accoglienza dei 43 profughi in arrivo sarà, anche in questo caso, a carico della Santa Sede, attraverso l’Elemosineria Apostolica, e di Sant’Egidio.” Dunque c’è voluto molto lavoro, ma non per eliminare la vergogna di Lesbo, piuttosto per far uscire da quell’inferno alcuni dei malcapitati che lì vivono. Comunque sia chiaro: è tutto a carico del Vaticano e Sant’Egidio, l’Italia non ci ha messo una lira, sia chiaro.


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