Ma va aggiunta una considerazione generale. Di slittamento in slittamento c’è il pericolo concreto che il senso istituzionale delle autorità e la loro originalità nella fisionomia del sistema vengano meno. Con una lenta parabola discendente. E magari a un certo punto qualcuno ne potrebbe richiedere l’abolizione, con la stessa assenza di qualsiasi coinvolgimento emozionale che, da ultimo, ha segnato il taglio del numero dei parlamentari. La dittatura dell’istantaneita’ prevale e guida le scelte. L’assetto costituzionale segue. Non solo. Le autorità volevano essere un vero arricchimento del sistema, l’introduzione di un territorio diverso tanto dal potere esecutivo quanto dal legislativo. Luoghi di veloce intervento e di impegnata normazione “secondaria”. Certamente, tutto questo esigeva (ed esige) un vero dispiegamento dell’edificio democratico. Al contrario, se vince la cosiddetta “post-democrazia”, con i suoi tratti centralistici, sovranisti e autoritari, gli organismi indipendenti sono vissuti come un orpello inutile o -al più- a mo’ di un lusso eccessivo. La magistratura e l’informazione sotto attacco, il parlamento spesso marginalizzato, i partiti del capo, il governo delle cose spesso collocato fuori da Palazzo Chigi creano un contesto ostile alle autorità.
Dobbiamo rassegnarci? No, sarebbe grave e imperdonabile. Si approfitti, allora, delle proroghe, per rilanciare il dibattito pubblico sulla regolazione dell’universo mediatico e post-mediatico. E si istruisca l’elezione dei componenti delle autorità con audizioni delle candidate e dei candidati e un confronto di merito. E’ un appello alle persone consapevoli della delicatezza e della rilevanza della questione, che sono numerose, sia interne sia esterne alle istituzioni. E tuttavia troppo silenti. A proposito. Pur nel disinteresse generale, talvolta si legge qualche nome, persino di potenziali presidenti. Speriamo che sia solo gossip.